Il referendum che chiede l’abrogazione della Legge 86/2024 sull’autonomia differenziata è legittimo, mentre la richiesta di eliminarne solo alcune parti non ha più ragion d’essere dopo i rilievi della Consulta, che ha sollevato eccezioni di illegittimità e chiesto conseguenti variazioni alla disposizione normativa.
E’ questa la decisione della Corte di Cassazione sui due referendum presentati contro la Riforma dell’Autonomia differenziata approvata dal Parlamento nello scorso mese di giugno.
Autonomia differenziata: verso il referendum abrogativo
Cosa succede ora? Il quesito referendario abrogativo considerato legittimo dalla Cassazione deve essere definitivamente approvato dalla Corte Costituzionale, che deciderà in gennaio. In caso di esito positivo, si voterà sul quesito che chiede di abrogare la nuova legge, restando nella situazione attuale, visto che non sono ancora stati approvati concretamente passaggi di autonomia dallo Stato alle Regioni.
Il via libera della Cassazione viene salutato positivamente dalle opposizioni, contrarie alla nuova riforma, mentre sul fronte della maggioranza tendenzialmente ci sono reazioni che si limitano a sottolineare che ora decideranno i cittadini.
Legge 186/2024 da riscrivere
Negli stessi giorni in cui la Cassazione ha preso la decisione sull’ammissibilità dei referendum, sono anche arrivate le motivazioni dell’ordinanza del novembre scorso della Corte Costituzionale sui ricorsi proposti da quattro Regioni guidate dal centrosinistra (Campania, Puglia, Sardegna e Toscana). In sostanza, la Consulta ha dichiarato legittima la legge, ma ha sollevato rilievi su sette specifici punti, alcuni dei quali particolarmente rilevanti: non trasferibilità alle Regioni di intere materie, ma solo di ambiti e funzioni, in base al principio di sussidiarietà.
Nel dispositivo della sentenza sono anche indicate materie che, «per motivi di ordine sia giuridico che tecnico o economico» non possono essere decentrate. Ad esempio l’istruzione (che deve garantire uniformità sul territorio nazionale), quelle per le quali i Trattati Comunitari prevedono una competenza esclusiva UE (commercio con l’estero e ambiente) o ambiti strategici come energia, porti e aeroporti.
Un altro rilievo riguarda l’individuazione dei LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni), tra i punti centrali della norma: la Corte considera illegittimo fissarli per delega: è necessaria una legge approvata dalle Camere e che non conferisca una delega al Governo.
Sulle parti ritenute illegittime dalla Consulta, il Parlamento dovrà dunque tornare a pronunciarsi, modificando la normativa conseguentemente alle indicazioni della Suprema Corte.
Sulla legge nel suo complesso, invece, si pronunceranno i cittadini rispondendo al quesito referendario.
Autonomia differenziata: come funziona oggi
L’attuale Legge sull’autonomia differenziata prevede la possibilità per le Regioni di chiedere il trasferimento di funzioni su un numero molto ampio di materie. Su alcune è necessario fissare prima i LEP, su altre l’autonomia può essere chiesta senza vincoli: rapporti internazionali e con l’Unione Europea, commercio con l’estero, professioni, protezione civile, previdenza complementare e integrativa, coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, casse di risparmio (comprese casse rurali e aziende di credito a carattere regionale), enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale, organizzazione della giustizia di pace.
Alcune Regioni di centrodestra (Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria) che hanno già chiesto l’autonomia su tutte o su alcune delle materie “non LEP”. Ma non è chiaro se adesso questo procedimento possa o meno continuare (sono comunque necessari molteplici passaggi autorizzativi del Governo) dopo i rilievi della Corte Costituzionale.
Più probabilmente si dovranno aspettare le necessarie modifiche normative per procedere.