Autonomia differenziata: legge da riscrivere, impatto su domande e referendum

di Barbara Weisz

18 Novembre 2024 09:04

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La Consulta impone modifiche alla Legge 86 sull'autonomia differenziata: l'impatto sulle domande già presentate delle Regioni e sul referendum abrogativo.

La legge sull’autonomia differenziata non è anticostituzionale ma è tutta da rifare. Si potrebbe riassumere così la decisione della Consulta sui ricorsi presentati dalle Regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania.

La Corte ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità dell’intera Legge n. 86/2024, considerando però illegittime specifiche disposizioni del testo legislativo.

Autonomia differenziata: i punti deboli della Legge 86

L’articolo 116 della Costituzione prevede che le Regioni possano godere di ulteriori forme di autonomia su 23 materie. Tuttavia, deve essere interpretato nel contesto della forma dello stato italiano, che riconosce anche i principi dell’unità della Repubblica, della solidarietà tra le Regioni, dell’eguaglianza e della garanzia dei diritti dei cittadini, nonché dell’equilibrio di bilancio.

L’autonomia differenziata deve quindi servire a rendere più efficienti le pubbliche amministrazioni e meglio rispondere alle esigenze dei cittadini ma nel rispetto del bene comune della società e della tutela dei diritti dei citadini. Non può risolversi in un riparto di potere tra i diversi segmenti del sistema politico.

I punti incostituzionali

Più nel dettaglio, vengono ravvisati sette profili di incostituzionalità della Legge n.86/2024. Ecco i principali:

  • non si possono trasferire intere materie, ma specifiche funzioni alla luce del principio della sussidiarietà;
  • la definizione dei LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni) deve avvenire tramite una legge approvata dal Parlamento, senza delega al Governo. Non può essere quindi un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri a determinarne l’aggiornamento.

Sulla determinazione dei LEP e nella differenziazione con le materie che non li richiedono ci sono poi altri rilievi, mentre emergono una serie di eccezioni di legittimità sul meccanismo dei trasferimenti erariali.

Legge da rifare e referendum a rischio

Cosa succede adesso? la legge non è invalidata ma occorre rivedere i punti giudicati anticostituzionali. Come sottolinea la stessa Corte, spetta al Parlamento colmare i vuoti derivanti dall’accoglimento delle questioni sollevate.

Quindi, le Camere dovranno modificare la legge eliminandone i profili illegittimi, tra cui la possibilità di trasferire alle Regioni intere materie, il procedimento per ottenere l’autonomia differenziata ed il meccanismo di definizione dei LEP.

Il riesame della norma dovrà necessariamente prevedere l’eliminazione della delega al Governo per l’individuazione dei LEP, da attuare invece per via parlamentare.

E dovrà rivedere la possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento del gettito.

Il rischio segnalato dai magistrati di legittimità è quello di favorire Regioni, che dopo aver ottenuto dallo Stato le risorse finalizzate all’esercizio delle funzioni trasferite, non siano poi in grado di assicurare il servizio necessario.

Bisogna ora capire quale impatto la pronuncia possa avere sulle domande già presentate da Veneto, Lombardia e Piemonte, sulle materie non LEP. Nel caso in cui la pronuncia riguardi articoli coinvolti nel trasferimento di queste materie, si renderebbe necessario aspettare infatti la revisione parlamentare per portare avanti queste richieste.

Con il dispositivo della sentenza, atteso entro metà dicembre, sarà poi possibile valutare anche l’impatto della pronuncia sui referendum. La Corte di Cassazione deve infatti pronunciarsi sulla legittimità di due quesiti referendari relativi all’abrogazione della legge: se la loro formulazione riguarda parti della legge considerate anticostituzionali, allora potrebbero essere considerati automaticamente superati.