Mettere in vendita un immobile ristrutturato fruendo del Superbonus può generare notevoli guadagni, tuttavia si tratta di un’operazione che rischia di condurre alla richiesta di recuperi fiscali.
La stessa Agenzia delle Entrate, in diverse occasioni, ha infatti sottolineato come vendere un bene con un elevato valore economico possa rientrare tra le attività d’impresa, regolate dall’articolo 55 del TUIR.
Chi vende un immobile ristrutturato grazie alla detrazione edilizia, pertanto, può finire nel mirino del Fisco, sia perché è prevista la tassazione della plusvalenza realizzata dalla compravendita quando la vendita avviene prima di 10 anni dalla fine dei lavori Superbonus, sia perché in diverse occasioni una vendita immobiliare di questo tipo può essere considerata un’attività imprenditoriale.
Lo prevede la Risoluzione n. 204/2002, che ritiene tale quella di chi ristruttura immobili al solo scopo di rivenderli.
Anche la Cassazione (con sentenza n. 36992/2022) ha rilevato che “non può escludersi la qualità di imprenditore in colui il quale compia un unico affare, di non trascurabile rilevanza economica, a seguito dello svolgimento di un’attività che abbia richiesto una pluralità di operazioni”. Ancora prima (con Ordinanza n. 15931/2021), la Corte Suprema evidenziava che basta anche solo un’operazione (la vendita ad esempio) che porti ingente profitto a configurare la potenziale attività d’impresa.
Chi ha comprato casa ristrutturandola con Superbonus e poi l’ha rivenduta può quindi essere considerato un operatore economico soggetto a IVA e IRAP.
È l’Agenzia delle Entrate a valutare caso per caso se una vendita possa effettivamente rientrare tra le attività d’impresa, imponendo eventualmente il versamento delle mancate imposte e, considerando che il Superbonus non è fruibile da chi svolge attività imprenditoriale, la restituzione della detrazione fruita.