I lavoratori frontalieri hanno il diritto alle stesse prestazioni sociali dei residenti. Lo stabilisce una sentenza della Corte di Giustizia UE, che stabilisce un principio applicabile in tutta l’Unione Europea.
La sentenza definisce contrarie al diritto dell’Unione le disposizioni che comportano una differenza di trattamento fra lavoratori.
Per legge, è obbligatorio garantire loro pari trattamento se contribuiscono in ugual misura al finanziamento delle politiche sociali dello Stato Membro ospitante con i contributi che versano per l’attività lavorativa.
Stessi diritti per frontalieri e lavoratori residenti
Il riferimento è la sentenza C- 27/23 del 16 maggio 2024, che si pronuncia sul caso di un cittadino privato degli assegni familiari per un minore in affidamento.
In un primo momento la prestazione era stata riconosciuta, poi revocata in applicazione di una norma nazionale e creando una disparità con le regole applicate ai residenti. A quel punto, la Cassazione locale si è rivolta alla Corte di Giustizia UE per pronunciarsi sulla legittimità di questo doppio binario.
Prestazioni sociali senza condizioni di residenza
La sentenza della Corte UE sancisce il diritto dei lavoratori frontalieri a prestazioni familiari e dei vantaggi sociali e fiscali con le stesse condizioni previste per i lavoratori nazionali. I regolamenti europei, rileva la Corte, prevedono la libera circolazione dei lavoratori, che «implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro».
E chiariscono che «il lavoratore cittadino di uno stato membro gode, nel territorio degli altri stati membri di cui non ha la cittadinanza, degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali».
Queste norma vietano «non soltanto le discriminazioni dirette basate sulla cittadinanza, ma anche ogni forma di discriminazione indiretta che, fondandosi su altri criteri di riferimento, pervenga di fatto al medesimo risultato».
Quindi, normative che prevedono differenziazioni nel diritto alle prestazioni sociali sono contrarie alle leggi europee.