Italia deferita dalla Commissione UE alla Corte di Giustizia europea per non aver applicato correttamente le norme sui ritardi di pagamento.
Il provvedimento si riferisce alla Direttiva attualmente in vigore, che impone un termine massimo di 30 giorni per i pagamenti delle Pubbliche Amministrazioni alle imprese fornitrici.
Ritardo pagamenti PA: lacune normative in Italia
I ritardi, fra l’altro, sono particolarmente dannosi per le PMI. La revisione della direttiva presentata lo scorso settembre rientra in una serie di iniziative volte a rispondere alle esigenze delle piccole imprese, affrontando carenze e lacune a livello normativo, promuovendo pagamenti più tempestivi e migliorando l’equilibrio tra piccoli e grandi operatori.
La procedura d’infrazione avviata contro l’Italia nel 2021 è motivata dal fatto che la disciplina che ha recepito la normativa europea in materia ha escluso dall’ambito della sua applicazione il noleggio di apparecchiature per le intercettazioni telefoniche in indagini penali.
Tale esclusione, secondo Bruxelles, non fornisce ai prestatori di questi servizi la garanzia di essere pagati entro i termini di legge e di far valere i propri diritti ai sensi della direttiva.
Procedura d’infrazione e deferimento alla Corte di Giustizia UE
L’Italia non ha ancora proposto alcuna modifica per allineare alla direttiva la propria normativa e prassi. Motivo per cui è scattato il deferimento alla Corte di Giustizia UE.
La Commissione sottolinea che le misure della direttiva, se attuate correttamente, contribuiscono in modo significativo all’occupazione, alla crescita e al miglioramento della liquidità delle imprese.
E fa presente che, rispettando questi termini di pagamento, le autorità pubbliche darebbero l’esempio nella lotta contro la “cultura” dei ritardi di pagamento nel mondo delle imprese.