La modifica più rilevante introdotta dal disegno di legge costituzionale approvato dal Consiglio dei Ministri del 3 novembre è l’elezione diretta del premier. Ma ci sono anche altre modifiche istituzionali che riguardano sistema elettorale, meccanismo di scioglimento delle Camere, poteri del presidente della Repubblica, nomina dei senatori a vita.
Vediamo tutto.
Come funziona il premierato
In base alla riforma, il Capo del Governo viene eletto direttamente in sede di elezioni politiche e resta in carica per cinque anni. Altra novità: il premier deve necessariamente essere un parlamentare, e viene automaticamente eletto nella Camera nella quale si è candidato. E’ previsto un premio di maggioranza del 55% per la coalizione che appoggia il premier.
Il presidente della Repubblica conferisce poi l’incarico al premier eletto, che forma il Governo e chiede la fiducia del parlamento. Se non la ottiene, il Capo dello Stato gli conferisce un secondo incarico. Se anche in seconda battuta non viene approvata la mozione di fiducia al Governo, l’unica alternativa resta lo scioglimento delle Camere.
La norma antiribaltone
Se nel corso della legislatura cade il Governo, il presidente della Repubblica può o dare un nuovo incarico al premier eletto, oppure a un altro parlamentare della maggioranza, solo al fine di proseguire nell’attuazione del medesimo programma di Governo. E’ la cosiddetta norma antiribaltone.
Infine, viene tolto al presidente della Repubblica il potere di nominare senatori a vita. Resterebbero comunque in carica gli attuali senatori a vita.
Le differenze con il sistema attuale
Nel sistema attuale, i cittadini eleggono invece direttamente solo i parlamentari. E’ il Presidente della Repubblica che, sulla base del risultato elettorale, sceglie a chi conferire l’incarico di formare il nuovo Governo. I ministri vengono poi nominati dal presidente della Repubblica su proposta del premier. E anche questa norma non cambia con la riforma.
L’esecutivo ha poi dieci giorni di tempo per presentarsi alle Camere (queste tempistiche restano invariate). Ma se non ottiene la fiducia, non ci sono vincoli per il Capo dello Stato sul successivo incarico. Il presidente della Repubblica scioglie le Camere quando ritiene che non siano più in grado di formare un nuovo Governo.
In realtà, la Costituzione non prevede particolari vincoli in questo senso. In base all’articolo 88, il presidente della Repubblica «può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse». Non può farlo negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.
In generale, queste prerogative risultano ridimensionate dalla legge di riforma, in considerazione dell’investitura popolare del premier.
I motivi della riforma secondo il Governo
Per l’esecutivo Meloni, la proposta di riforma «si ispira a un criterio minimale di modifica della Costituzione vigente, in modo da operare in continuità con la tradizione costituzionale e parlamentare italiana e preservare al massimo grado le prerogative del Presidente della Repubblica, figura chiave dell’unità nazionale».
Obiettivo finale: rafforzare la stabilità dei futuri Governi.
I punti critici della riforma
Ci sono una serie di punti che con saranno al centro di molte analisi, in primis da parte dei costituzionalisti.
Uno dei punti controversi riguarda la clausola anti ribaltone. Il criterio in base al quale l’incarico di formare un nuovo Governo, a fronte di una crisi in corso di legislatura, possa essere dato solo a un parlamentare della maggioranza che si impegni a portare avanti il vecchio programma di Governo è un vincolo rigido.
Stesso discorso per il premio di maggioranza senza altri criteri compensativi (per esempio, un quorum minimo di voti).
C’è anche un forte cambiamento nell’equilibrio dei poteri: normalmente, le repubbliche parlamentari prevedono appunto che l’esecutivo si formi in parlamento, quelle presidenziali danno al presidente della Repubblica o il potere esecutivo (è il caso degli Stati Uniti) o comunque forti prerogative (come in Francia). Il cancellierato tedesco, che prevede un ruolo meno rilevante per il Presidente della Repubblica, non comprende l’elezione diretta del premier, che viene comunque espresso dal Parlamento.
In ogni caso, l’elezione diretta del premier rappresenta una profonda modifica all’attuale assetto istituzionale basato sulla centralità del parlamento e sul ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica.
L’iter della legge costituzionale
La riforma è di rango costituzionale, di conseguenza deve seguire il consueto iter parlamentare: va approvata due volte, a distanza di almeno tre mesi l’una dall’altra, da entrambe le Camere. Se non c’è una maggioranza al 75%, si procede a referendum confermativo.
Se il risultato referendario è contrario alla riforma, questa decade. Il referendum costituzionale non prevede quorum, quindi è sempre valido.