Non sarà il sereno dopo la tempesta ma la Camera ha comunque approvato la fiducia al Decreto PA (203 sì, 34 no, 3 astenuti). Le opposizioni hanno fatto ostruzionismo in Aula presentando oltre 100 ordini del giorno, una mossa che però è rimasta solo una forma di protesta, non avendo i numeri per cambiare l’esito del voto.
Il pomo della discordia è il PNRR, in particolare due norme contenute nel decreto che prevedono limiti ai controlli di legalità in itinere da parte della Corte dei Conti e una proroga dello scudo erariale introdotto nel 2020 (quando però era giustificato dalla pandemia).
Vediamo in dettaglio cosa prevede il decreto, quali sono le critiche emerse e le preoccupazioni di fondo.
I punti controversi del Decreto PA
Le polemiche riguardano il disegno di legge di conversione del decreto 22 aprile 2023, n. 44, recante disposizioni urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche (C. 1114).
Il timore è che a minori controlli corrisponda una perdita di legalità nell’attuazione del PNRR. E che una deriva autoritaria tolga i necessari pesi e contrappesi nella realizzazione di opere strategiche.
Anche la magistratura contabile esprime un deciso disaccordo, ufficializzato al termine di un’assemblea straordinaria dell’associazione magistrati della Corte dei Conti. Il Governo risponde motivando la propria scelta con la necessità di velocizzare la messa a terra del Piano, senza voler limitare i poteri di controllo della magistratura.
Stop controlli e responsabilità PNRR
La contrarietà della Corte dei Conti, comunicate dopo l’assemblea del 5 giugno, si focalizzano sulle due norme che «sottraggono al controllo concomitante della Corte dei Conti i progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prorogano l’esclusione della responsabilità amministrativa per condotte commissive gravemente colpose, tenute da soggetti sia pubblici che privati, riducendo di fatto la tutela della finanza pubblica».
Secondo i magistrati contabili, «non sono in gioco le funzioni della magistratura contabile ma la tutela dei cittadini».
Lo scudo erariale era stato introdotto dal precedente esecutivo ma con una differenza fondamentale: il Governo Draghi lo aveva previsto in piena emergenza pandemica.
Secondo la Corte dei Conti: «la conferma dello scudo erariale, in assenza del contesto di emergenza pandemica nel quale è nato, impedisce di perseguire i responsabili e di recuperare le risorse distratte, facendo sì che il danno resti a carico della collettività. Al contempo, l’abolizione di controlli in itinere, su attività specificamente volte al rilancio dell’economia, significa indebolire i presidi di legalità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa».
Si tratta di una posizione sostanzialmente condivisa dalle opposizioni, che aggiungono l’elemento del rischio di deriva autoritaria, che tuttavia la premier Giorgia Meloni, sottolineando che la Corte dei Conti «continua a fare i controlli, fa la relazione semestrale, e nessuno le ha messo un bavaglio».