In caso di licenziamento o dimissioni del dipendente, in base alle disposizioni di legge e ai chiarimenti del Garante Privacy, l’email aziendale del lavoratore va dismessa ed il datore di lavoro deve comunicare ad eventuali soggetti terzi la chiusura dell’indirizzo di posta elettronica, indicando una mail aziendale alternativa per proseguire nei contatti.
L’azienda, come titolare del trattamento, deve anche fornire la dipendente un idoneo riscontro alla propria richiesta di cancellazione della casella di posta elettronica.
Email del lavoratore: divieto di accesso
L’accesso alle email o l’utilizzo della casella di posta elettronica del lavoratore non è legittimato neppure in caso di difesa in giudizio, casistica che non annulla il diritto alla protezione dei dati personali dei lavoratori e degli ex dipendenti e collaboratori.
La segretezza deve essere dunque sempre garantita anche nel caso di contenzioso giudiziale.
Casella di posta aziendale: cosa dice la legge
La legge prevede l’obbligo di chiusura dopo il termine del rapporto di lavoro. Il Codice della Privacy vieta non soltanto il mantenimento in attività della casella di posta elettronica del lavoratore cessato ma anche l’inoltro automatico dei messaggi verso un altro account.
I riferimenti di legge sono gli artt. 11, comma 1, lett. a) e b) e 13 e gli artt. 143, comma 1, lett. c) e 154, comma 1, lett. d) del Codice Privacy.
In generale, l’accesso all’account dell’ex lavoratore per reperire comunicazioni dei clienti non è mai ritenuto motivato da ragionevolezza e proporzionalità dell’ingerenza compiuta. Pertanto, in questi casi il lavoratore ha sempre diritto di rivolgersi al giudice per segnalare le violazioni della privacy subite.
Anche in termini di monitoraggio delle email aziendali, il ricorso a eventuali software di controllo della posta elettronica sono considerati alla stregua degli impianti di videosorveglianza e pertanto richiedono il ricorso ad un accordo sindacale o all’autorizzazione della DTL.
Anche nel caso della casella di posta dell’ex lavoratore, la discriminante è proprio la consapevolezza dell’utilizzo da parte dell’ex datore di lavoro: per non violare l’art. 4, co. 3, della Legge 300/70 (Statuto dei Lavoratori), i controlli sono ammessi soltanto se il lavoratore ne è stato prima adeguatamente informato e sia comunque rispettata la disciplinasulla protezione dei dati personali.
Un caso pratico
In un recente caso, sottoposto al parere del Garante Privacy, un’azienda aveva mantenuto attivo l’account email di una dipendente anche dopo l’interruzione del rapporto di lavoro, impostando un sistema di inoltro verso l’email di un altro dipendente.
Secondo il Garante, tuttavia, l’interesse a difendere un proprio diritto in giudizio non legittima questo tipo di azione volta a prendere visione del contenuto delle email, che nel caso specifico riguardavano una rosa di potenziali clienti i cui contatti erano stati raccolti dall’ex dipendente nel corso di una fiera.
Al fine di ottenere un bilanciamento tra interessi aziendali legati alla prosecuzione dell’attività economica del titolare e il diritto alla riservatezza del dipendente, sarebbe stato sufficiente attivare un sistema di risposta automatico, in modo da dare indicazione di alcuni indirizzi email alternativi da contattare, senza però visualizzare le comunicazioni ricevute.