Fra le novità per le imprese inserite nel ddl delega di riforma fiscale c’è l’istituzione del concordato preventivo biennale, misura che si inserisce nell’ambito delle misure di compliance, si rivolge alle piccole Partite IVA e alle PMI di minori dimensioni e, secondo le anticipazioni del Ministero delle Finanze,
insieme al rafforzamento dell’adempimento collaborativo riscrive le regole della lotta all’evasione fiscale che diventa preventiva e non più repressiva.
Il concordato biennale consente di stimare assieme al Fisco un certo imponibile, che rimane fisso per i successivi due anni e sul quale si calcolano le tasse “senza sorprese”. Il contribuente paga quindi le imposte in base a questo accordo, anche se nel periodo in oggetto i ricavi sono più alti o più bassi. Bisogna però attendere il testo del disegno di legge delega approvato in Consiglio dei Ministri il 16 marzo per conoscere la soglia di fatturato da rispettare per utilizzare questo nuovo strumento.
Come funziona il concordato preventivo biennale
In base a quanto si apprende, non sarà la piccola impresa o il titolare di lavoro autonomo a chiedere di attivare il concordato preventivo, ma sarà l’Agenzia delle Entrate a proporlo sulla base dei dati che ha disposizione sull’attività economica, con l’obiettivo di andare incontro al contribuente.
Il Fisco analizza i dati che arrivano dalla fatturazione elettronica e dagli scontrini telematici, e sulla base delle risultanze può decidere di proporre al contribuente di attivare il concordato preventivo biennale. Che può riguardare le imposte sui reddito, quindi IRPEF (redditi persone fisiche) e IRES (redditi delle imprese), e l’IRAP (imposta regionale sulle attività produttive). Non è invece compresa l’IVA, che quindi continua a essere versata in base alle operazioni effettivamente realizzate.
In quali casi conviene
Non c’è obbligo di accettare la proposta di concordato biennale: l’impresa o il professionista possono decidere se aderire o meno, valutandone la convenienza effettiva.
L’accordo con il Fisco blocca la base imponibile per due anni. Quindi, sarà conveniente per le attività che prevedono un incremento di fatturato, perché si assicurano di non vedersi aumentare le tasse per il biennio successivo. Viceversa, se il fatturato è previsto in flessione, conviene pagare le tasse in base ai ricavi effettivi, per non rischiare di versare più imposte del dovuto.
Il punto fondamentale è che nel biennio in cui è stato attivato il concordato la base imponibile non può più essere modificata rispetto a quanto calcolato preventivamente. Un altro vantaggio è che nel biennio in questione non scattano controlli fiscali.
Adempimenti dichiarativi immutati
Questo accordo riguarda esclusivamente il pagamento delle tasse e non incide sugli adempimenti dichiarativi e comunicativi. I quali restano dovuti e non vengono modificati. Per esempio, il contribuente deve presentare regolarmente la dichiarazione dei redditi indicando il fatturato reale, anche se poi pagherà le imposte su quello concordato con il Fisco. Anzi, eventuali irregolarità su questo fronte determinano la decadenza dal concordato stesso.
Il vantaggio per il Fisco è rappresentato dal fatto che il contribuente è stimolato a pagare le tasse avendo sostanzialmente uno sconto fiscale, e dalla possibilità di misurare con maggiore precisione il gettito atteso. Lo svantaggio, evidentemente, sarà un gettito fiscale inferiore nei casi di maggiore fatturato.