Proseguono i tavoli tecnici per definire il perimetro dei crediti edilizi da sbloccare subito tramite compensazioni in F24, così da introdurre misure specifiche in sede di conversione parlamentare del decreto che ha fermato bruscamente il mercato delle cessioni. Giovedì 22 febbraio si sono riuniti ANCE, Confedilizia, Confindustria, Confapi, Alleanza cooperative, Confartigianato, CNA, Confimi, Rete professioni tecniche, Casartigiani, Confassociazioni, ABI, CDP, SACE e Agenzia delle Entrate.
La riunione, fa sapere il ministero dell’Economia, «è stata occasione per proseguire in un clima propositivo il confronto tra governo e associazioni di categoria sulle possibili soluzioni, già emerse nell’incontro avvenuto nei giorni scorsi a Palazzo Chigi, per sbloccare i crediti fiscali rimasti incagliati. Sul tavolo anche le proposte per gestire alcuni effetti legati al periodo transitorio di applicazione tra la precedente e la nuova normativa, nonché quelle relative a determinati settori come il sismabonus e l’edilizia popolare». Accordo fra le parti «sull’urgenza di intervenire individuando strumenti in grado di dare tempestiva risposta al settore delle imprese edili», sono previsti nuovi vertici tecnici per continuare a lavorare sulle proposte.
Le ipotesi condivise che usciranno dal negoziato saranno proposte come emendamenti al decreto 11/2023, attualmente in commissione Finanze alla Camera, e sottoposte al voto in Parlamento.
Compensazione tra F24 e crediti edilizi
Dai nuovi incontri si conferma l’orientamento in base al quale una parte dei crediti incagliati potrà essere compensato con gli F24 delle banche, lasciando però fuori quelli che riguardano i contributi (che servono a garantire il regolare pagamento delle pensioni) e le imposte della famiglie. In pratica, le compensazioni sarebbero possibili per le tasse di imprese e banche.
Per banche e imprese, compensare “una parte dei debiti fiscali raccolti con gli F24” consente di “ampliare la capacità di compensazione fiscale e risolvere il problema dei crediti incagliati”, con il vantaggio di essere «applicabile in tempi molto rapidi, di facile realizzazione» e senza «alcun impatto aggiuntivo sulla finanza pubblica».
Il nodo deficit da evitare
Il punto è proprio questo: il Governo vuole evitare un impatto sul deficit. «Stando alle attuali regole contabili – si legge nell’audizione alla Commissione Finanze del Senato della Banca d’Italia -, gli effetti del Superbonus sull’indebitamento netto si manifestano gradualmente, secondo la tempistica di fruizione dell’agevolazione».
Nei giorni scorsi Eurostat aveva chiarito che l’impatto contabile non è in effetti sul debito ma rileva invece ai fini del deficit. Proprio questo è il motivo per cui il Governo ha fermato la possibilità di cedere i crediti edilizi (con una serie di eccezioni, relative ai lavori già deliberati).
Bankitalia fornisce una serie di elementi: «nel biennio 2021-2022 il disavanzo ha beneficiato in misura sostanziale delle maggiori entrate connesse con la crescita dell’attività economica nel comparto edilizio; i costi legati all’utilizzo dei crediti d’imposta maturati si registreranno invece in larga misura negli anni successivi». Il punto è che Eurostat li classifica come “non pagabili”. Significa che l’incentivo viene registrato nell’indebitamento netto solo al momento in cui effettivamente viene utilizzato. Un incentivo “pagabile” viene incluso già quando matura.
Secondo Via Nazionale, questa modalità di registrazione potrebbe essere rivista. Come si vede, è una questione molto tecnica, che riguarda la formazione del bilancio dello Stato. In termini semplici, il punto è che l’Italia non può permettersi di fare salire eccessivamente il deficit perché deve rispettare i parametri europei (pur allentati negli ultimi anni).
Quali e quanti crediti incagliati sbloccare
Il primo punto è definire criteri e modalità attuative per realizzare effettivamente le compensazioni in F24, partendo dai versamenti effettuati da soggetti IVA e imposte dovute dagli istituti di credito.
Sulla porzione di capacità fiscale delle banche da sbloccare – principale motivo per cui il mercato si è incagliato, ben prima dello stop alla cessione del credito prevista per legge – ci sono diversi calcoli.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, i crediti incagliati ammontano a 19 miliardi di euro mentre Abi indica che «nel biennio 2020-2022, le banche hanno assunto impegni per crediti fiscali pari complessivamente a 76 miliardi 989 milioni 96mila 317 euro, saturando la loro capacità fiscale».