Se lo stop del Governo al mercato della cessione dei crediti edilizi è stata per molti inattesa, la reazione delle imprese è invece più che prevedibile: contrarietà totale e richiesta di tornare indietro. Il motivo è che si rischia il blocco dei cantieri, con tutte le conseguenze sull’attività e bilanci delle aziende, a rischio chiusura.
CNA lancia l’allarme per le 40mila imprese della filiera in enorme sofferenza. Ance (Costruttori edili) parla di migliaia di imprese che rimarranno senza liquidità. Confartigianato si concentra sui rischi per le ditte che hanno effettuato investimenti e assunzioni contando sui lavori agevolati. Vediamo nel dettaglio quali sono le principali argomentazioni che le imprese oppongono al Governo, e come si potrebbe sviluppare la vicenda.
Decreto Cessioni: iter di conversione in legge
Il decreto è già in vigore ma deve ancora passare in Parlamento per l’iter di conversione in legge. Si potrebbe quindi ancora intervenire e modificare il testo. Sembra improbabile una marcia indietro del Governo sulla decisione di fondo, che è quella di mettere un punto fermo al mercato dei crediti edilizi. La motivazione alla base della scelta dell’esecutivo è economica, più precisamente l’impatto sui conti pubblici. E su questo non sembra ci siano molto margini di manovra per tornare indietro (ma nulla si può escludere).
Negoziato tra Governo e imprese
Il Governo ha già annunciato per lunedì 20 febbraio un primo incontro con le associazioni di categoria. Giorgetti ha sottolineato l’esigenza di andare incontro alle imprese che, a fronte di un mercato dei crediti incagliati, si stanno arenando. Sembra probabile che si studino meccanismi per risolvere i problemi di liquidità immediati o per individuare nuove formule. O quanto meno è auspicabile che si forniscano risposte chiare a chi dall’oggi al domani si è trovato un mercato su cui aveva investito del tutto chiuso.
Impatto sulla filiera
Nel frattempo, le categorie dell’edilizia protestano e presentano una serie di calcoli. Ance stima crediti d’imposta bloccati per 15 milioni di euro. L’impatto è forte anche per le famiglie. A fine 2022, la media dei cantieri aperti legati al Superbonus era il 13,4%, pari al 46,1% degli investimenti in Italia. L’investimento medio è stato di 570mila euro. Investimenti che da questo momento in poi non ci saranno più visto che ad anticipare i costi dovrebbero essere le famiglie, oggi come oggi una prospettiva impensabile.
In base alle stime Ance di inizio febbraio, ci sono poi 25mila imprese a rischio fallimento, 130mila disoccupati in più nel settore delle costruzioni (senza contare le aziende della filiera) e problemi per circa 90mila cantieri. Ora si attendono numeri aggiornati alla nuova situazione.
Il punto è che la cessione dei crediti garantiva un ampio utilizzo dei bonus edilizi. Il Superbonus al 110% permetteva di realizzare interventi senza anticipare soldi, per cui lo stop a questo mercato dei crediti è rilevante. Sull’altro fronte bisogna dire che ora si cambia prospettiva: niente più pioggia di crediti sul mercato, quindi è possibile che si arrivi ad un più agevole utilizzo di quelli che restano disponibili.
Le critiche e le richieste delle imprese
- Federica Brancaccio, presidente ANCE: «migliaia di imprese rimarranno definitivamente senza liquidità e i cantieri si fermeranno del tutto con gravi conseguenze per la famiglie».
- Confartigianato: il blocco previsto nel decreto legge coinvolge le tante imprese che, sulla base delle norme sinora vigenti, hanno effettuato investimenti ed assunzioni nella prospettiva, di primi accordi con i committenti, di poter continuare ad operare garantendo lo sconto in fattura.
- Dario Costantini, presidente CNA: «quello che sta avvenendo in questi minuti è talmente grave che non l’avrei immaginato nemmeno nel mio peggiore incubo».
Costantini è particolarmente duro. In un’intervista a Repubblica segnala che ci sono 40mila aziende a rischio chiusura. E «sono imprese che hanno lavorato in osservanza di una legge dello Stato, facendo lo sconto in fattura perché era una possibilità prevista dalla normativa vigente. Si sono messe in gioco, hanno pagato i materiali, eseguito i lavori con tutte le difficoltà legate alle norme che in corso d’opera sono cambiate in continuazione, non sono state pagate, e adesso rischiano la chiusura».
Insomma, il tavolo con il Governo convocato per il 20 febbraio si preannuncia caldissimo.
Chiarimenti sulla responsabilità solidale
Segnaliamo infine una reazione positiva, da parte dell’ABI, associazione banche italiane, che commenta un’altra misura del decreto, che chiarisce ulteriormente i confini della responsabilità solidale di chi acquista i crediti: «in caso di mancata sussistenza dei requisiti che danno diritto ai benefici fiscali, il fornitore che ha applicato lo sconto e i cessionari che hanno acquisito il credito, in possesso della documentazione che dimostra l’effettività dei lavori realizzati, non saranno responsabili in solido, a meno che ci sia dolo». E «il mancato possesso della documentazione non costituisce più una causa di responsabilità solidale per il cessionario che può dimostrare con ogni mezzo di aver agito con diligenza o della non gravità della negligenza».