Il Governo italiano si prepara a dare battaglia sullo stop dal 2025 alla vendita di auto inquinanti: «i tempi e i modi che l’Europa ci impone non coincidono con la realtà europea e italiana» sottolinea il ministro dell’Industria e del Made in Italy. Anche perché l’Italia è in ritardo sulla transizione verso l’elettrico, anche in materia di infrastrutture.
L’iter della Regolamento sulla riduzione di emissioni non è ancora concluso, ma Adolfo Urso mette le mani avanti: «siamo impegnati affinché con la clausola di revisione del 2026, un passaggio fondamentale per il quale mi auguro che il Parlamento europeo abbia un’altra consapevolezza, si possano determinare altre tempistiche e altre modalità».
Il ministro critica il Regolamento europeo su più fronti. Il primo, è quello delle tempistiche, troppo ravvicinate rispetto all’attuale situazione del mercato. «In Italia ci sono appena 36mila punti di ricarica a fronte dei 90mila dell’Olanda». E comunque, non ci sono i tempi necessari «per riconvertire il nostro sistema industriale, perché siamo partiti tardi e perché sono stati fatti diversi errori nel passato».
C’è anche da considerare l’impatto sull’occupazione: «nella filiera dell’automotive lavorano 250mila persone, in Italia vale il 20% della produzione. Con questi tempi e con queste modalità c’è un rischio lavoro». In conclusione, le tempistiche imposte dall’Europa mettono in difficoltà l’automotive italiano.
Il secondo rilievo del ministero riguarda il tema della neutralità tecnologica, una battaglia che il Governo intende portare avanti «con il supporto del Sistema Paese, imprese e sindacati». La norma europea è impostata su una visione definita «ideologica», e «un po’ faziosa». In particolare per lo sbilanciamento sul fronte dell’elettrico. Urso si chiede: «perché non utilizzare biocombustibile, biometano e l’idrogeno e non avere questa visione ideologica secondo cui esista soltanto l’elettrico. Dobbiamo avere una neutralità tecnologica».