Conto alla rovescia per la legge delega di riforma fiscale: il Senato è infatti andato in ferie senza terminare l’esame, rinviato alla ripresa dei lavori il 6 settembre. Tuttavia potrebbe prospettarsi un rinvio al dopo elezioni, che tuttavia si tradurrebbe in una bocciatura definitiva: se le Camere non termineranno l’esame prima di sciogliersi, infatti, salterà la riforma.
Il nuovo Parlamento potrebbe riprendere i lavori, ma sembra difficile ipotizzare l’approvazione del disegno di legge delega di una riforma messa a punto da una maggioranza di Governo che non esiste più da parte di un Esecutivo appena costituito.
La legge era stata approvata dalla Camera, dove però è rimasta ferma per quasi nove mesi prima di “avvicinarsi” anche al Senato; se Palazzo Madama riuscisse ad approvarla senza modifiche a settembre diventerebbe definitiva. e a quel punto il Governo avrebbe 18 mesi di tempo per attuare la delega con i decreti legislativi.
Tutto dipende in realtà dall’esito delle Politiche 2022. Il 25 settembre si vota un nuovo Parlamento, che prevedibilmente esprimerà maggioranze diverse da quelle precedenti. Si può immaginare che il prossimo Governo, quale che sia, porterà avanti l’ipotesi di riforma fiscale proposta in campagna elettorale.
La campagna elettorale per le forze politiche si sta dimostrando l’occasione ideale per proporre diverse ricette economiche. Molte delle quali nulla hanno a che fare con i principi della delega. Motivo in più per credere che i partiti scelgano di affidarsi a una legge di un Parlamento ormai in via di scioglimento.
A meno che dal voto elettorale non emergano vincitori le forze politiche che propongono la continuità con l’agenda Draghi, anche in tema fiscale. Tendenzialmente il Centro-sinistra coalizzato attorno al PD, ed in misura simile anche l’alleanza Calenda-Renzi. Maggiore discontinuità emerge nella linea del Centrodestra, che come noto di discosta in molti punti da quella del Governo uscente, per quanto sia ancora presto per comprendere in dettaglio come si sceglierà di agire.
Una parte della riforma è stata comunque fatta, ovvero quella relativa all‘IRPEF. La riduzione da cinque a quattro degli scaglioni, la rimodulazione delle aliquote e quella delle detrazioni sono state integrate nella Legge di Stabilità 2022 e quindi si applicano dalle dichiarazioni 2023 relative all’anno fiscale in corso. Ci sono inoltre categorie di lavoratori, ad esempio dipendenti e i pensionati, che ne stanno già sperimentando gli effetti da gennaio di quest’anno in busta paga o nel cedolino la pensione.