La Corte Costituzionale (sentenza n. 183 depositata il 22 luglio 2022) si è espressa in merito al metodo di quantificazione dell’indennizzo per i licenziamenti illegittimi di dipendenti in forza presso datori di lavoro e aziende fino a 15 dipendenti.
Ad oggi, infatti, in base al Jobs Act (articolo 9, co. 1 del dlgs n. 23/2015) può essere riconosciuto un risarcimento che va dalle tre alle sei mensilità di retribuzione, senza peraltro neppure l’alternativa della riassunzione (altro aspetto su cui di recente è già intervenuta la Corte).
Ebbene, prendendo spunto da un recente pronunciamento del Tribunale di Roma, la Consulta ha dichiarato tale meccanismo irragionevole, in quanto incapace di riconoscere appieno i reali diritti dei lavoratori nei singoli casi di specie, nella parte in cui stabilisce
un limite massimo del tutto inadeguato e per nulla dissuasivo.
Tale soglia massima delle sei mensilità non garantirebbe, secondo la sentenza, «un’equilibrata compensazione» né «un adeguato ristoro» per il lavoratore illegittimamente licenziato. Non solo: una cifra così modesta non funge certo da deterrente. I due requisiti di adeguatezza e dissuasività erano già stati affermati in altre due sentenze della Consulta: la n. 194 del 2018 e la n. 150 del 2020.
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Pertanto, sul tema dei licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese, la Corte Costituzionale rivolge al Legislatore un invito ad intervenire con urgenza, al fine di predisporre tutele adeguate.
Rientra, infatti, nella prioritaria valutazione del legislatore la scelta dei mezzi più congrui per conseguire un fine costituzionalmente necessario, nel contesto di «una normativa di importanza essenziale» (sentenza n. 150 del 2020), per la sua connessione con i diritti che riguardano la persona del lavoratore, scelta che proietta i suoi effetti sul sistema economico complessivamente inteso.