Il Ministero della Transizione Ecologica, con la Circolare n. 35259 del 12 aprile 2021, ha chiarito alcuni aspetti relativi all’applicazione dello sconto TARI: la riduzione della quota variabile (co. 649 dell’art.1 della legge n. 147 del 2013) si riferisce a qualunque processo di recupero, anche il riciclo dei rifiuti urbani. Lo sconto, che si applica ai privati e alle imprese, è proporzionale alla quantità di rifiuti avviati al recupero al di fuori del servizio pubblico.
Nuova TARI 2021
Si tratta di chiarimenti dovuti alla nuova legge unionale sulla TARI (recepita dal Dlgs 116/2020), che ha modificato il calcolo della tassa rifiuti ed ha cambiato la definizione di rifiuto urbano e ha provveduto alla soppressione della categoria dei rifiuti speciali assimilati. Dal 1° gennaio 2021 sono infatti entrate in vigore alcune modifiche al Testo Unico dell’Ambiente (D. Lgs. 152/2006) con impatto sulla TARI per le aziende industriali. La nuova legge permette anche di sganciarsi dal servizio pubblico incaricando un operatore alternativo, ossia soggetto terzo autorizzato all’invio dei rifiuti a recupero, così da pagare solo la quota fissa sui soli locali che producono rifiuti urbani. L’opzione si esercita con apposita comunicazione al comune da inviarsi entro il 31 maggio.
Chiarimenti MiTE
Per riassumere i chiarimenti forniti dal Ministero, possiamo dire che la TARI nelle attività industriali non si applica per i locali dove si producono rifiuti speciali mentre si applica per quelli in cui si producono rifiuti urbani. Nel caso di conferimento dei rifiuti, l’utenza non domestica gode della riduzione o esenzione (dipende dalla quantità di rifiuti urbani che recupera) della quota variabile della tassa. Vediamo in dettaglio.
TARI aziende
Per le utenze non domestiche (le aziende) che hanno i requisiti per l’accesso alla riduzione TARI a seguito di recupero (compreso il riciclo) dei rifiuti urbani, rimane comunque dovuto il versamento TARI per la quota fissa, sempre per i locali soggetti a tale imposizione (escludendo quelli adibiti alla lavorazione di tipo industriale). Per la fruizione dell’agevolazione, serve un’attestazione rilasciata dall’operatore che avvia il recupero dei rifiuti e bisogna poi comunicare all’ente gestore o al comune la scelta di non avvalersi del servizio pubblico di raccolta, entro il 31 maggio di ciascun anno (art. 30 co. 5 del DL. n. 41 del 2020).
Per il solo 2021, a causa dell’emergenza Covid, gli effetti si produrranno subito: i comuni potranno definire la tariffa entro fine giugno e dall’anno prossimo la comunicazione di maggio avrà invece effetto per l’anno successivo.
limitatamente al 2021, gli atti afferenti alla TARI (la tariffa, il regolamento TARI e la tariffa corrispettiva) devono essere approvati entro il termine del 30 giugno, sulla base del piano economico finanziario (PEF) del servizio di gestione dei rifiuti. Per gli anni successivi in assenza di una conferma del termine di approvazione degli atti deliberativi al 30 giugno, ovvero di un’apposita modifica normativa sul termine di presentazione della comunicazione da parte dell’utenza non domestica, la relativa comunicazione dovrebbe essere effettuata l’anno precedente a quello in cui la stessa deve produrre i suoi effetti.
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Esclusione TARI capannoni
Il chiarimento fondamentale fornito dalla circolare del MiTE sulla tassazione di superfici in cui avviene la lavorazione industriale e i magazzini di materie prime, prodotti finiti e merci è il seguente: per tali aree è applicabile l’esclusione della tassa sui rifiuti urbani in analogia alle superfici in cui vengono svolte attività artigianali. Sono invece soggette alla tassa piena (fissa e variabile) altri locali come mense, spogliatoi e uffici. Di fatto, nell’elenco delle attività che producono rifiuti urbani indicato nella circolare, non sono ricomprese le “Attività industriali con capannoni di produzione”. Escluse da tassazione tutte le superfici di lavorazione industriale e i magazzini. Occorre comunicare al comune le nuove metrature da tassare, ricalcolandole con l’esclusione di quelle non soggette a imposta.
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Cambio operatore
Per quanto riguarda l’applicazione temporale dei cinque anni, che vale sia nel caso di affidamento ad un soggetto terzo sia per utenza presso il servizio pubblico, non c’è comunque nessun vincolo per le imprese che vogliano cambiare operatore nel corso di questo periodo, purché tale scelta sia subordinata alla possibilità, per il gestore del servizio pubblico, di riprendere l’erogazione del servizio di raccolta e avvio al recupero dei rifiuti urbani prodotti.
La comunicazione sulla scelta di affidarsi a un gestore alternativo deve riportare le tipologie e le quantità dei rifiuti urbani prodotti e avviati al recupero, ed ha valenza dall’anno successivo. I contratti di affidamento del servizio conclusi prima dell’entrata in vigore del Dlgs 116/2020 (in recepimento della normativa europea, ha cambiato la classificazione dei rifiuti) continuano ad essere validi, salvo adeguamento alle condizioni indicate nella norma).