L’Autorità bancaria europea (EBA) ha deciso di riattivare la moratoria legislativa e non legislativa sui crediti deteriorati rivedendone le relative linee guida, che si applicheranno fino al 31 marzo 2021 per colmare le carenze di liquidità innescate dai nuovi lockdown, così che non vi siano vincoli operativi alla continua disponibilità di credito.
Tutto questo permetterà di evitare la classificazione automatica delle esposizioni nella definizione di tolleranza o di inadempienti in caso di ristrutturazione in sofferenza. Si tratta degli automatismi previsti dalle nuove regole UE che per legge scatterebbero dal primo gennaio 2021.
In considerazione della difficile congiuntura economica determinata dall’emergenza COVID, banche e imprese chiedono da tempo a Governo e Parlamento di evitare l’entrata in vigore del nuovo regolamento sul default, in base al quale diventano più stringenti le regole sullo stato di insolvenza.
Nuovo Regolamento sul default
In base alle nuove regole UE recepite anche in Italia, dal primo gennaio 2021 un’azienda risulta insolvente a fronte di un arretrato di 90 giorni per un importo superiore a 500 euro e pari al almeno l’1% del totale delle esposizioni dell’impresa verso la banca, mentre per privati (persone fisiche) e piccole e medie imprese (PMI) con esposizione verso la banca inferiore al milione di euro, lo stato di cattivo pagatore scatterà con un arretrato di 100 euro, sempre pari al almeno l’1% del totale delle esposizioni dell’impresa verso la banca.
Il Regolamento europeo n.171 del 19/10/2017, in pratica, cambia i requisiti per rientrare nella casistica degli arretrati rilevanti. Il limite dei 90 giorni resta immutato (180 giorni per le PA), quel che cambia è l’importo degli arretrati rispetto alla meno stringente soglia del 5% sulla media delle quote scadute sull’intera esposizione nell’ultimo trimestre, o sull’intera esposizione riferita alla data di segnalazione (rileva la maggiore delle due cifre).
Si tratta dunque di un irrigidimento notevole delle regole, che tra l’altro non ammettono più le compensazioni tra le diverse esposizioni dal 2o21. Lo ha spiegato chiaramente anche l’ABI, Associazione banche italiane:
«l’impresa non potrà più impiegare margini ancora disponibili su sue linee di credito per compensare gli inadempimenti in essere ed evitare la classificazione in default»; «la classificazione dell’impresa in stato di default, anche in relazione ad un solo finanziamento, comporta il passaggio in default di tutte le sue esposizioni nei confronti della banca», con il rischio di ripercussioni negative anche «su altre imprese ad essa economicamente collegate, esposte nei confronti del medesimo intermediario finanziario».
Il direttore ABI, Giovanni Sabatini, in sede di audizione sulla Legge di Bilancio, nei giorni scorsi ha definito «necessario riconsiderare i rischi degli effetti prociclici di alcune norme esistenti, pensate in contesti completamente diversi da quello attuale, come quelle relative alla nuova definizione di default, che entrerà pienamente in vigore a gennaio 2021 e che rischia di far attribuire la qualifica di cattivi pagatori a una platea molto più ampia di clienti, compromettendone l’accesso al credito e le prospettive di ripresa».
Analoghe richieste dalle imprese. Secondo i dati forniti dalla presidente di Confesercenti, Patrizia De Luise, con le nuove soglie il numero di imprese in sofferenza «potrebbe quasi triplicare, soprattutto se come sembra presumibile lo stato d’emergenza economico-sanitaria dovesse protrarsi, causando un periodo di stagnazione o recessione anche nel primo trimestre 2021». Uno scenario che, fra l’altro, rischia di provocare «l’aumento delle infiltrazioni criminali nel tessuto produttivo».
Nel frattempo, l’ABI ha pubblicato una specifica guida per le imprese dedicata alle nuove regole europee in materia di default: «fondamentale conoscere le nuove regole e rispettare con puntualità le scadenze di pagamento previste contrattualmente, per non risultare in arretrato nel rimborso dei propri debiti verso le banche anche per importi di modesta entità« per «evitare che la banca sia tenuta a classificare l’impresa in default e avviare le azioni a tutela dei propri crediti, secondo quanto richiesto dalle disposizioni di vigilanza europee».