Contratti a termine come leva per le assunzioni

di Alessandra Gualtieri

7 Ottobre 2020 11:11

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Contratti a termine, meno onerosi e più flessibili, per evitare il rischio licenziamenti 2021 per crisi Covid: l'analisi dell'Avvocato Giuseppe Merola.

La disciplina dei contratti di lavoro a termine, attualmente contenuta in maniera organica nel D.Lgs. n. 81/2015 (Testo Unico di riordino delle tipologie contrattuali), è stata oggetto di continue riforme a seconda dei mutevoli orientamenti perseguiti dai Governi succedutisi alla guida del nostro Paese.

L’ultima risale al 2018 con l’entrata in vigore del Decreto Legge n. 87/2018 (c.d. Decreto Dignità) dalla quale sono scaturite importanti limitazioni all’utilizzo del contratto a termine rispetto alla previgente disciplina contenuta nel Jobs Act. Il Decreto Dignità, infatti, non solo aveva ridotto la durata complessiva del contratto a termine (da 36 a 24 mesi), ma aveva anche previsto l’obbligo di indicazione della causale, ossia delle ragioni legittimanti l’apposizione del termine, per i contratti aventi durata superiore a 12 mesi o nei casi di rinnovo del contratto a termine a prescindere dalla durata del rapporto.

Contratti a termine 2020

Ora, la normativa di carattere eccezionale emanata nel corso del 2020 al fine di fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19 ha decisamente ammorbidito i limiti che le aziende si trovano ad affrontare nell’utilizzo dei contratti a termine.

Una prima deroga è stata introdotta con il Decreto Legge n. 34/2020 (c.d. Decreto Rilancio) il quale, per far fronte al riavvio delle attività in conseguenza all’emergenza epidemiologica, aveva concesso al datore di lavoro la possibilità di rinnovare o prorogare, fino al 30 agosto 2020, i contratti a termine in corso anche in assenza della causale.

=> DL Rilancio: cambiano i contratti durante l'emergenza

Un’ulteriore deroga alla disciplina ordinaria sui contratti a termine è stata disposta dal Decreto Legge n. 104/2020 (c.d. Decreto Agosto) in virtù della quale, sino al 31/12/2020, il datore di lavoro potrà rinnovare o prorogare, senza obbligo di causale e per un periodo massimo di 12 mesi, i contratti di lavoro a tempo determinato, sia pure nel rispetto della durata massima complessiva di 24 mesi.

Come precisato dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro con nota del 16/9/2020, per effetto di tale disposizione il rapporto a termine potrà proseguire anche nel corso del 2021 indipendentemente dal numero di proroghe o di rinnovi.

Sulla scorta di tutte queste misure, è quindi evidente come sia in corso un’opera di progressivo ridimensionamento delle rigidità presenti nella normativa regolamentatrice dei contratti a tempo determinato, avente come unica finalità quella di spingere le assunzioni, sia pure a termine.

Peraltro, il dibattito politico al riguardo è accesso e sono diverse le forze politiche che, nell’iter di conversione in legge del Decreto Agosto, chiedono di sopprimere, in via definitiva, alcuni vincoli connessi all’utilizzo dei contratti a termine, quale quello relativo all’obbligo di indicazione della causale, ed i maggiori oneri contributivi dovuti per tale tipologia contrattuale.

Ed invero, poiché lo scenario dei licenziamenti di massa si avvicina sempre più minaccioso, si può ritenere che un possibile strumento di ricollocazione del personale potrà, verosimilmente, essere costituto proprio dal contratto a termine, soprattutto in un contesto di incertezza come quello attuale.

Di riverbero, alle aziende che intenderanno assumere dovrà essere concessa la possibilità di avvalersi di tale tipologia contrattuale in maniera più libera e meno costosa, ad esempio sulla falsariga della disciplina introdotta dal Jobs Act prima che venisse emendata dal Decreto Dignità. Diversamente, si rischia seriamente di ostacolare quella spinta alle assunzioni di cui tanto ci sarà bisogno quando i licenziamenti saranno attuati.

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Di Giuseppe Merola, giuslavorista Pirola Pennuto Zei & Associati