Da una parte la proroga della legge sulla crisi d’impresa è condivisibile, in considerazione della difficoltà di far entrare in vigore un nuovo strumento, per di più molto rilevante, in piena emergenza Covid. Dall’altra forse si poteva tentare «un colpo di reni in questa situazione, soprattutto visto che noi italiani diamo il meglio con le spalle al muro». Anche perché il nuovo codice può dare alle imprese «gli strumenti per riprendersi» da una situazione molto difficile.
Gabriele Prenna, socio di Edoardo Ricci avvocati, esperto di diritto societario, sottolinea a più riprese la razionalità della scelta del Legislatore, ma insiste sull’utilità che il nuovo codice potrebbe avere proprio in questo momento. La situazione vista dall’interno (ovvero da chi si occupa di seguire le imprese quando sono in sofferenza) è certamente difficile, ma «il vero banco di prova saranno i prossimi mesi».
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In diversi casi si registrano difficoltà, ad esempio aziende che non riescono a incassare crediti o hanno sofferenze finanziarie. Ma «la sensazione è che questi mesi siano una sorta di sospensione dalla realtà. Le imprese cercano di capire cosa succederà con l’arrivo della stagione fredda», in termini di diffusione del contagio Covid. E di conseguenza «anche in termini di investimenti congelano tutto, perchè l’incertezza non porta ad agire».
Certo, è importante vedere quel che succederà: «chi era già in crisi andrà in sofferenza a breve, anche dal punto di vista patrimoniale. E poi, il vero banco di prova saranno i bilanci di quest’anno, che incamerano lockdown e fase acuta dell’emergenza. Ci sono settori dove la crisi è più evidente, come il retail.
Il nuovo codice della crisi d’impresa, in questo contesto, avrebbe potuto essere un utile strumento. «Io posso capire l’intento del Legislatore», spiega Prenna, riferendosi alla proroga dell’entrata in vigore, slittata di un anno, dal 15 agosto 2020 al primo settembre 2021. «La motivazione è di non compiere un salto nel vuoto, mettendo alla prova il nuovo strumento in una situazione già di crisi. Ci sono già difficoltà, con il rischio di procedure concorsuali o ristrutturazioni, e testare un nuovo strumento normativo potrebbe essere rischioso sia per l’imprenditore, sia per gli operatori del diritto».
Da questo punto di vista, la proroga è condivisibile. Fra l’altro, «è un intervento che aspettiamo da 20 anni, aspettare un anno in più può essere sensato». Anche perché «è una svolta epocale, non si parla più di fallimento, ma di crisi d’impresa. Vengono introdotti nuovi strumenti che l’azienda può utilizzare «per chiudere un’esperienza negativa e riprendersi».
Però è anche vero che proprio questa emergenza «era una buona occasione: perché ci sono strumenti che avrebbero aiutato soprattutto realtà piccole, come Startup o PMI», consentendo l’accesso alla procedura concorsuale, e quindi alla possibilità di ripartire senza i debiti precedenti.
«Oggi invece questi soggetti devono vivacchiare senza avere la possibilità di voltare pagina», perché «la legge fallimentare si applica a chi ha soglie economiche ben definite: attivo patrimoniale di almeno 300mila euro annui negli ultimi tre anni, fatturato di 200mila euro (sempre nel triennio), un massimo di 500mila euro di debiti». Sotto queste soglie, c’è il vantaggio di non poter fallire, che però è anche uno svantaggio, perchè non c’è l’accesso alla possibilità di ristrutturazione, accordi, concordato preventivo».
Chiaro che le soglie sopra descritte si riferiscono ad aziende molto piccole, soprattutto startup. Ma comunque il nuovo codice della crisi d’impresa prevede strumenti utili a tutti. Le «procedure di allerta diventano una sorta di camera di decompressione, sul modello americano, per affrontare la crisi prima dell‘insolvenza, avvalendosi di professionisti della ricomposizione delle crisi. Nell’ambito di un tavolo negoziale (in genere, con le banche), è più facile affrontare la crisi con un’esposizione debitoria non ancora drammatica».
La «parola chiave è tempestività. Più è tempestivo l’imprenditore a palesare il suo stato di difficoltà, più è facile risolvere il problema. Oggi, invece, «il vero problema dell’imprenditore è che tiene nascosta la crisi, cercando di rimediare. Con esito spesso infausto».
In realtà, «ci sono strumenti alternativi che si possono attivare sin da adesso. Ma ogni società deve avere una struttura adeguata anche in relazione alla capacità di rilevare la crisi». Mentre spesso mancano le cosiddette camere di decompressione, e soprattutto gli stimoli che portano l’imprenditore a sedersi al tavolo negoziale.
In questo senso, il nuovo codice invece introduce novità che stimolano l’imprenditore a muoversi prima. Ad esempio, «prevede un sistema premiale per chi affronta la crisi per tempo, escludendo la rilevanza penale, consentendo sconti sui debiti fiscali (stralciando sanzioni e interessi), e garantendo che le procedure sono coperte da totale riservatezza.
In ogni caso, le imprese possono intraprendere strategie efficaci già oggi. Prenna consiglia, ad esempio, «di dedicare una o due risorse ad affrontare tutti i segnali di crisi in generale»: risk assesment, capacità di interagire con eventi negativi, analisi sistematica dei profili di rischio, dall’incendio, al fallimento dei clienti, alla capacità di intervenire su riduzioni del fatturato, pianificazione delle azioni volte a tamponare situazioni di emergenza». E’ un tassello che spesso manca alle PMI: «sono bravissime a fare business e innovazione, più deboli sull’organizzazione interna e il controllo della struttura stessa». Nel corso della crisi del 2006-2008, «molte PMI sono scomparse nel giro di pochi mesi, spesso per mancanza di strumenti adatto ad affrontare le crisi». Ci sono diversi modi per attrezzarsi in questo senso: risorse, o consulenze, che abbiano professionalità che derivano dall’esperienza in strutture più grandi.
Cosa potrebbe fare invece il legislatore? Prenna indica alcune priorità: «implementare volani di crescita. Penso a formule simili al Superbonus per l’edilizia, che diano ossigeno in termini finanziari e consentano di allargare la domanda. E’ uno strumento ottimo, se ne potrebbero cercare di analoghi anche in altri settori». E puntare sugli «incentivi a sviluppo e ricerca. Questo è anche un altro consiglio da dare alle PMI: continuare a sviluppare l’innovazione, non ridurre in questa fase le attività di ricerca e sviluppo».