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Decreto Agosto, critiche e proposte dei Professionisti

di Barbara Weisz

Pubblicato 2 Settembre 2020
Aggiornato 26 Gennaio 2021 11:36

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Professionisti in audizione sulla legge di conversione del Dl Agosto: critiche su cig, esonero previdenziale, bonus e contributi a fondo perduto.

Le imprese che al 13 luglio non avevano utilizzato per intero le settimane di Cig Covid dei decreti Cura Italia e Rilancio sono state penalizzate dal Dl Agosto, l’esonero dei contributi risulta svantaggioso per i datori di lavori virtuosi che hanno privilegiato ferie e permessi, i professionisti in albi e ordini sono rimasti fuori dal contributo a fondo perduto: sono i principali rilievi che arrivano dal mondo delle Professioni sul decreto Agosto, in sede di audizione in Commissione al Senato, nel corso della conversione in legge del dl 104/2020.

I Consulenti del Lavoro da una parte sottolineano «l’evidente volontà di porre in campo interventi di aiuto nei confronti dei cittadini, del tessuto imprenditoriale e degli operatori del mercato del lavoro», ma dall’altra rilevano «numerose criticità interpretative e applicative» delle norme, e lamentano l’assenza «di misure di politica attiva del lavoro, ad eccezione del Fondo nuove competenze». I Commercialisti si soffermano in particolare sulle misure di maggior importanza per gli iscritti agli ordini. Vediamo tutto.

Ammortizzatori sociali

Il decreto Agosto prevede altre 18 settimane di cassa integrazione, da utilizzare fra il 13 luglio e il 31 dicembre, incamerando gli eventuali periodi già chiesti e autorizzati in base ai precedenti decreti ma non ancora utilizzati al 13 luglio scorso. Questa disposizione, si legge nell’audizione CdL, «implica per le aziende che non siano riuscite ad utilizzare tutte le 18 settimane previste dalla precedente normativa, la privazione delle settimane residue a opera del detto meccanismo di computo automatico», penalizzando quindi i datori di lavoro che hanno utilizzato virtuosamente i periodi di cig a disposizione.

Critiche anche al contributo addizionale richiesto alle aziende che non hanno subito perdite, oppure le hanno limitate entro il 20% o hanno avviato l’attività dopo il primo gennaio 2019: il valore del contributo (che va dal 9 al 18%) è considerato «particolarmente ingente se raffrontato a quello previsto per la disciplina ordinaria», che arriva al massimo al 15%.

Esonero contributi

E’ la misura contenuta nell’articolo 3 del decreto, che prevede uno sconto fino a quattro mesi di contributi, utilizzabili entro fine anno, per i datori di lavoro che non utilizzano la nuova cig. «Non risulta di immediata comprensione perché il legislatore abbia stabilito che l’esonero sia concesso nel limite del doppio delle ore di integrazione salariale già fruite nei mesi di maggio e giugno 2020», scelta che «risulta oltremodo penalizzante per i datori di lavoro virtuosi che hanno preferito, in tali mesi, concedere primariamente ferie e permessi ai propri dipendenti in luogo dei trattamenti di integrazione salariale», e sfavorevole «anche per le aziende che, per motivazioni legate alla loro specifica attività, in tale periodo hanno regolarmente lavorato, scontando tuttavia una fisiologica flessione nel successivo periodo estivo». Soluzione prospettata: l’esonero venga calcolato anche in base alle ore di cig di luglio e agosto.

Divieto di licenziamento

Qui ci sono una serie di rilievi tecnici. Il meccanismo che non fissa una data univoca entro la quale continua a valere il divieto di licenziamento, ma lo fa dipendere da specifici fattori (l’utilizzo della cig, o dell’esonero contributivo), comporta la necessità di «verificare, caso per caso, in dipendenza del periodo di fruizione di una delle due soluzioni previste dalla legge, l’individuazione del momento specifico in cui cesserà il divieto di disporre licenziamenti per ragioni economiche».  Anche il Cndcec (Consiglio nazionale dei commerciali ed esperti contabili) rileva la necessità di «evitare le incertezze sull’esatta individuazione del periodo di sospensione dei licenziamenti», sia in nome della semplificazione, sia per prevenire eventuali contenziosi.

Contributi a fondo perduto

Per i professionisti iscritti agli ordini, il Decreto Rilancio ha previsto un bonus di 1000 euro anche per il mese di maggio, finanziato dal decreto Agosto. I motivi per i cui i commercialisti la ritengono una penalizzazione:

  • mentre il contributo a fondo perduto per artigiani e commercianti è calibrato in base alla perdita fatturato, con soglia minima di mille euro, il bonus maggio per i professionisti ordinistici è in tutto pari a mille euro;
  • il bonus per i professionisti esclude coloro che nel 2019 hanno fatturato più di 50mila euro.

I Commercialisti si chiedono perché «un titolare di partita IVA che svolge attività economica di tipo artigianale o commerciale è stato ammesso, in presenza di un calo significativo del fatturato, a un contributo minimo di mille euro, mentre per un titolare di partita IVA che svolge attività economica di tipo professionale è stato previsto «un meccanismo che, in presenza dei medesimi cali, prevede mille euro come massimo, non come minimo, e nemmeno per tutti?».

E sottolineano che la disparità di trattamento sia «contraria al principio costituzionale di uguaglianza», e a quello «di pari dignità dell’iniziativa economica e di equivalenza fra liberi professionisti e PMI». La proposta: prevedere un contributo a fondo perduto anche per i professionisti a partita IVA iscritti agli ordini, dal quale sottrarre gli eventuali mille euro di bonus maggio utilizzati.

Altre proposte

  • Proroga al 16 ottobre dei versamenti da autoliquidazione scaduti fra l’8 marzo e il 20 agosto 2020 relativi a ritenute alla fonte, IVA e contributi previdenziali e assistenziali, con possibilità di rateizzazione (fino a tre rate di pari importo, la prima il 16 ottobre).
  • Ripristino compensazioni crediti imposte sui redditi e IRAP, almeno per quelli maturati nel 2019, eliminando il vincolo della previa presentazione dell dichiarazione.
  • Riduzione ritenuta d’acconto IRPEF: la proposte dei Commercialisti è di ridurla al 10% (dall’attuale 20%) o al 5% per chi si avvale di dipendenti di terzi.