Dopo la lettera di richiamo dello scorso 13 maggio (Raccomandazione relativa ai buoni offerti a passeggeri e viaggiatori come alternativa al rimborso per pacchetti turistici e servizi di trasporto annullati nel contesto della pandemia di Covid-19) inviata al Governo Conte, dai Commissari UE alla Giustizia e ai Trasporti, in assenza di risposta è scattata la doppia procedura di infrazione europea nei confronti dell’Italia in materia di rimborsi turistici.
Nel primo provvedimento anti-Coronavirus (decreto Cura Italia del 2 marzo scorso, convertito nella Legge 27/2020), infatti, il Governo ha concesso a compagnie aeree e tour operator di non rimborsare in denaro i viaggi e le vacanze annullati a causa del Coronavirus, limitandosi ad erogare dei voucher di pari importo della durata di 12 mesi, in violazione con i regolamenti europei sui diritti dei passeggeri UE.
La legislazione italiana consente alle compagnie aeree, fino al 30 settembre, in caso di annullamento per Coronavirus, di emettere un voucher di importo pari a quello del biglietto annullato senza concedere al consumatore la possibilità di scelta tra “buono” e rimborso entro una settimana, come prevede il regolamento (CE) n. 261/2004 (trasporto aereo) e quelli 1371/2007 (trasporto ferroviario) e (UE) 1177/2010 (viaggi via mare e vie navigabili interne).
Stesso discorso per voucher emessi dai tour operator. La normativa italiana viola la Direttiva (UE) 2015/2302 relativa ai pacchetti turistici e ai servizi turistici collegati. In questo caso l’Italia è “in compagnia” di numerosi altri Stati Membri: Repubblica Ceca, Cipro, Grecia, Francia, Croazia, Lituania, Polonia, Portogallo e Slovacchia. Sui biglietti di viaggio, invece, nel mirino UE ci sono Italia e Grecia.
In pratica, in base alla legge di conversione del Cura Italia (comma 12, articolo 88 bis, legge 27/2020), in pratica, la scelta tra rimborso o voucher è a discrezione dell’operatore e non dell consumatore:
l’emissione dei voucher assolve i correlativi obblighi di rimborso e non richiede alcuna forma di accettazione da parte del destinatario.
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Le procedure d’infrazione avviate nei confronti del nostro Paese sono dunque due: le norme in contrasto con le regole UE riguardano infatti sia i biglietti di viaggio (per le quali si dovrebbe poter scegliere tra rimborso, voucher o altre formule di ristoro) sia i pacchetti vacanza (che, in alternativa al voucher, dovrebbero poter essere rimborsati entro pochi giorni).
Immediata la reazione delle associazioni dei consumatori, che chiedono adesso la restituzione integrale di quanto speso dai consumatori. L’Italia ha però due mesi per rispondere formalmente a Bruxelles. Non sembrano però esserci margini di trattativa perchè la Commissione UE ha più volte chiarito che durante l’emergenza Covid le misure a tutela delle attività produttive non potevano e non dovevano in alcun modo ledere i diritti dei consumatori.
Segnaliamo infine che il 27 maggio si era espressa in merito anche l’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) con una segnalazione al Parlamento e al Governo sul contrasto delle norme adottate con il diritto, nel caso di cancellazione per circostanze inevitabili e straordinarie, al rimborso pieno. Anche in deroga al Codice del Turismo (Art. 42 D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79 – Diritti del turista in caso di recesso o annullamento del servizio).
Secondo l’Autorità va garantito il diritto e semmai va incentivata l’opzione voucher da parte dei consumatori, senza però lederne la possibilità di scelta. Non solo: i voucher dovrebbero godere di una copertura assicurativa contro il fallimento del tour operator o del vettore e il diritto al rimborso in denaro se alla scadenza del buono il consumatore non ne abbia usufruito.