I lavoratori possono entrare e uscire dai territori per raggiungere il posto di lavoro e tornare a casa, né ci sono limitazioni o blocco delle merci in entrata e in uscita, quindi il personale addetto al trasporto può regolarmente lavorare.
Sono solo alcune delle indicazioni operative per aziende e datori di lavoro contenute nel Dpcm 8 marzo sul Coronavirus, ovvero il provvedimento che ha abolito la vecchia zona rossa per crearne una nuova (ribattezzata zona arancione) estendendola a tutta la Lombardia e alle province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso, Venezia.
Misure che in un successivo provvedimento annunciato dal Premier, Giuseppe Conte, si applicheranno in realtà in tutta Italia, in quanto l’intero Paese diventa zona a rischio.
Il decreto istituisce specifiche procedure. Ci sono in questo senso precise indicazioni dei ministeri dello Sviluppo Economico e dei Trasporti, mentre dal Ministero degli Interni arriva il modulo per l’autodichiarazione dei lavoratori che si spostano in entrata e in uscita).
Le associazioni imprenditoriali forniscono il proprio contributo con indicazioni utili alle imprese (sui relativi portali ci sono sezione dedicate all’emergenza Coronavirus) e servizi dedicati.
Partiamo dalle regole interpretative più importanti per le imprese.
Spostamento persone
La regola generale è contenuta nell’articolo 1, comma 1, del dpcm 8 marzo:
evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori di cui al presente articolo, nonchè all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute. E’ consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza.
Le prime indicazioni operative vengono fornite dai ministeri dello Sviluppo Economico e dei Trasporti, consultabili sui rispettivi portali. «Le limitazioni introdotte non vietano gli spostamenti per comprovati motivi di lavoro», viene sottolineato. C’è un divieto assoluto solo per le persone soggette a quarantena o che siano risultate positive al virus.
Negli altri casi, i transfrontalieri possono «entrare e uscire dai territori interessati per raggiungere il posto di lavoro e tornare a casa». Come si fa a comprovare il motivo lavorativo? L’indicazione che arriva dai sopra citati ministeri:
gli interessati potranno comprovare il motivo lavorativo dello spostamento con qualsiasi mezzo, inclusa una dichiarazione che potrà essere resa alle forze di polizia in caso di eventuali controlli.
Il ministero dell’Interno ha pubblicato un facsimile di autocertificazione che è possibile produrre, online anche sui portali di diverse prefetture. Questo modulo è in sostanza un’autodichiarazione, che può essere prodotta sia da coloro che si stanno spostando per esigenze lavorative sia coloro che entrano, escono o si muovono all’interno dalla zona rossa per altri motivi consentiti (come il rientro nella propria abitazione).
Assolombarda sottolinea che le esigenze di lavoro possono essere comprovate anche con il cedolino paga, il tesserino di identificazione aziendale, una dichiarazione del datore di lavoro che attesti l’esigenza del viaggio.
Le disposizioni sugli spostamenti valgono ad esempio per i pendolari che si spostano all’interno delle diverse province della Lombardia o anche gli spostamenti all’interno dello stesso Comune.
In ogni caso, anche i Consulenti del Lavoro, con circolare 5/2020, sottolineano che le comprovate esigenze lavorative possono essere riferite «alla luce di quanto emerge dalla norma e dai primi chiarimenti di prassi, alle ordinarie esigenze richieste dalle modalità attraverso le quali si è tenuti a rendere la prestazione lavorativa».
Le indicazioni che arrivano dal Ministero dell’Interno sembrano andare in questo senso: «non appaiono essere richiesti particolari adempimenti di forma affinché tali esigenze siano dimostrate, potendo essere sufficiente anche la sola auto-dichiarazione degli interessati». In ogni caso, l’auspicio è che vengano fornite su tutte queste norme precise indicazioni di interpretazione autentica.
Sottolineiamo che il decreto sottolinea comunque la possibilità di ricorrere allo smart working, per i datori di lavoro di tutto il territorio nazionale, e, fermo restando il ricorso al lavoro agile, c’è l’indicazione di favorire l’utilizzo di ferie o periodi di congedo ordinario.
Trasporto merci
Le indicazioni operative sono abbastanza chiare. I sopracitati Ministero dello Sviluppo Economico e dei Trasporti spiegano che «le merci possono entrare ed uscire dai territori interessati. Il trasporto delle merci è considerato come un’esigenza lavorativa: il personale che conduce i mezzi di trasporto può quindi entrare e uscire dai territori interessati e spostarsi all’interno degli stessi, limitatamente alle esigenze di consegna o prelievo delle merci».
Per Assolombarda, anche in questo caso le comprovate esigenze di trasferimento potranno essere oggetto di verifica da parte delle Autorità competenti, mediante l’esibizione di idonea documentazione, tra cui i documenti di trasporto o le fatture di accompagnamento. L’associazione imprenditoriale aggiunge anche alcuni consigli per autotrasportatori:
- limitare la discesa dai mezzi degli autisti e munirli di dispositivi medici a protezione di mani, naso e bocca;
- qualora il carico/scarico richieda la discesa dal mezzo rispettare, in aggiunta, la misura di sicurezza della distanza di un metro tra le persone;
- trasmettere la documentazione di trasporto in via telematica.
Settori e casi particolari
Ci sono una serie di indicazioni specifiche che riguardano le attività commerciali: bar e ristoranti nella zona arancione possono restare aperti solo dalle 6:00 alle 18:00. Su tutto il territorio nazionale, devono consentire il rispetto della distanza di un metro fra gli avventori. Stessa indicazione (distanza di sicurezza) per gli altri esercizi commerciali.
Da capire se le misure della zona arancione vengono estese a tutta Italia, in base al nuovo provvedimento atteso in Gazzetta Ufficiale per il 10 marzo.
Stesso punto interrogativo per palestre, centri sportivi, piscine, centri natatori, centri benessere, centri termali (fatta eccezione per l’erogazione delle prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza), centri culturali, centri sociali, centri ricreativi, che restano sicuramente chiusi nella zona arancione.
In tutta Italia, intanto, «sono sospesi i congressi, le riunioni, i meeting e gli eventi sociali, in cui è coinvolto personale sanitario o personale incaricato dello svolgimento di servizi pubblici essenziali o di pubblica utilità; è altresì differita a data successiva al termine di efficacia del presente decreto ogni altra attività convegnistica o congressuale.
Nella zona arancione ci sono regole anche per quanto riguarda le riunioni: in tutti i casi possibili vanno privilegiate modalità di collegamento da remoto (anche qui, con particolare riferimento a strutture sanitarie e sociosanitarie, servizi di pubblica utilità e coordinamenti attivati nell’ambito dell’emergenza COVID-19). In ogni caso, anche se è segnalata l’importanza di adottare queste misure nelle strutture sanitarie sopra ripartite, la regole del ricorso alle riunioni con collegamento da remoto si riferisce a tutti i datori di lavoro. In ogni caso, se invece la riunione avviene in ufficio, bisogna garantire «il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di un metro» e bisogna «evitare assembramenti».
Infine nella zona arancione sono chiusi gli impianti nei comprensori sciistici. In tutta Italia sono sospesi: manifestazioni, eventi e spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato. Le attività di pub, scuole di ballo, sale giochi, sale scommesse e sale bingo, discoteche e locali assimilati (con sanzione della sospensione dell’attività in caso di violazione. Sono chiusi i musei e gli altri istituti e luoghi della cultura.