Fra le novità dell’ultimo momento inserite in manovra 2019, c’è la Web Tax per le imprese che gestiscono piattaforme digitali. Si applicherà nel caso di imprese che, singolarmente o a livello di gruppo, realizzano ricavi superiori ai 750 milioni di euro e hanno un fatturato da servizi digitali, realizzati nel territorio dello Stato italiano, non inferiori a 5,5 mln di euro.
L’imposta al 3%, si applica ai ricavi che derivano dai seguenti servizi digitali:
- veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia;
- messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire fra loro, anche al fine di facilitare la fornitura di beni o servizi;
- trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale.
In pratica: motori di ricerca, social network, marketplace e-commerce, portali di sharing economy e simili. Quasi sempre multinazionali che operano nei confronti di utenti localizzati in Italia.
=> Le ultime novità in Manovra
La web tax prevista dalla Legge di Bilancio non si applica però se i servizi sono resi nei confronti dei soggetti controllati o controllanti dall’impresa. In pratica, la web tax riguarda servizi digitali verso l’esterno, non eventuali forme di digitalizzazione interna.
L’aliquota si applica al lordo dei costi e al netto dell’IVA e di altre imposte indirette. Il versamento è trimestrale, con scadenza entro il mese successivo a ciascun trimestre. Così come formulata, la web tax non colpisce solo i colossi internazionali ma anche le aziende italiane. Secondo la FIEG si tratta di:
una nuova tassa che rischia di deprimere ulteriormente i bilanci delle imprese.
Per l’effettiva applicazione della norma, ricordiamo, bisogna aspettare un apposito decreto ministeriale attuativo, e poi i provvedimenti di prassi dell’Agenzia delle Entrate nonchè i pareri di tutte le authority coinvolte.