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Tassa unica per la casa: verso la nuova IMU precompilata

di Barbara Weisz

26 Novembre 2018 14:37

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Emendamento accorpa IMU e TASI in una tassa unica sulla casa, la nuova IMU: bollettini precompilati e nuove aliquote ma rischio di aumenti per seconde abitazioni.

Una semplificazione, che elimina la sovrapposizione di due diverse imposte sugli immobili, IMU e TASI e permette la predisposizione di bollettini precompilati: sono gli obiettivi della nuova IMU (prevista da un emendamento alla Legge di Bilancio 2019), che in teoria non dovrebbe comportare aggravi di spesa ma che in realtà consentirebbe di rendere strutturale un aumento della tassa sulla “seconda casa”: ai Comuni, infatti, da come è formulato l’emendamento sembra lasciata la possibilità di portare l’aliquota fino all’11,4‰ (oggi il tetto è al 10,6‰, a cui si può aggiungere lo 0,8% solo in alcuni casi).

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Per il resto, rimarrebbe l’esenzione per le prime case, con l’eccezione delle abitazioni di lusso (categorie catastali A1, A8 e A9). Anche il calcolo dell’imposta non cambierebbe: l’imponibile sarebbe sempre dato dalla rendita catastale rivalutata del 5% a cui si applica il coefficiente per tipologia catastale; l’imposta si calcolerebbe in base all’aliquota del Comune.

Maggiorazioni

Il nuovo meccanismo accorpa le due imposte, IMU e TASI, questo evita di sommare le due imposte, che in ogni Comune hanno aliquote e casistiche molto differenziate. Questo, per esempio, dovrebbe consentire ai Comuni di predisporre bollettini precompilati, sulla stregua della tariffa sui rifiuti.

Mentre l’aliquota base per le prime case di lusso rimane allo 0,4%, con la discrezionalità da parte delle amministrazioni comunali di alzarla di un ulteriore 0,2% (tetto massimo 0,6%, come ora), diminuirla o azzerarla, per li immobili diversi dalla prima casa, l’aliquota base resta allo 0,76%, ma i Comuni possono alzarla fino all’1,14‰. Qui risiede il potenziale svantaggio rispetto all’attuale normativa, che prevede la stessa aliquota base, con un possibile aumento fino all’10,6‰.

Si tratta della maggiorazione dello 0,8%, istituita nel 2014 e poi sempre prorogata (con tutta una serie di regole complesse di ripartizione fra IMU e TASI). Questa maggiorazione, attualmente può essere applicata solo dai Comuni che fin dall’inizio l’hanno utilizzata, mentre la nuova formulazione della legge sembrerebbe dare a tutte le amministrazioni comunali la possibilità di portare l’IMU a quota 11,4‰.

Bisogna capire se si tratta di un errore di formulazione, che quindi potrebbe essere corretto in fase di approvazione, oppure della volontà di applicare la maggiorazione a tutti i Comuni, indipendentemente dalle scelte effettuate negli anni scorsi.

Sottolineiamo che stiamo parlando di un emendamento ancora non approvato, che quindi può essere modificato oppure bocciato.

Aliquote

Ci sarebbero poi una serie di limiti posti ai Comuni in sede di deliberazione delle aliquote, che invece introducono maggiori rigidità rispetto all’attuale situazione. Questo potrebbe rappresentare una complicazione per gli enti locali, in sede di deliberazione delle nuove aliquote (perché li costringerebbe ad apportare modifiche ai regolamenti), mentre sarebbe una semplificazione per il contribuente (che attualmente deve spesso fare i conti con regole complicate dalla variabile di casistiche previste).

In base all’emendamento, il Comune può differenziare l’aliquota dello 0,76% in base ai seguenti parametri:

  • fabbricati ad uso residenziale diversi dall’abitazione principale,
  • fabbricati a disposizione, non locati da almeno due anni,
  • fabbricati locati a titolo di abitazione principale,
  • fabbricati concessi in comodato a parenti in linea retta o collaterale oppure ad affini, stabilendo il grado di parentela,
  • fabbricati industriali,
  • fabbricati commerciali,
  • immobili appartenenti al gruppo catastale D, anche differenziando tra le diverse categorie,
  • fabbricati appartenenti al gruppo catastale B,
  • fabbricati appartenenti alla categoria catastale C3,
  • fabbricati ad uso commerciale con particolari caratteristiche tipiche dei centri storici, da determinarsi nel regolamento del tributo.

C’è infine una regola fissa per gli affitti a canone concordato, che prevedrebbe una riduzione del 75% rispetto all’aliquota stabilita dalla delibera comunale.

E sarebbero esenti dall’imposta municipale propria i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati.

Pagamento

Un’altra novità che va nel senso della semplificazione è rappresentata dal fatto che, a decorrere dal 2019, i Comuni dovrebbero rendere disponibili i modelli di pagamento precompilati. Le scadenze per i versamenti resterebbero le stesse: acconto entro il 16 giugno, saldo entro il 16 dicembre. La rata di giugno si pagherebbe in base all’aliquota dell’anno precedente, in dicembre si effettuerebbe il conguaglio (come adesso). In sede di prima applicazione (quindi nel 2019), la prima rata sarebbe calcolata sulla base delle regole IMU e TASI 2018.