Nuova polemica sul decreto fiscale, che anche come riscritto permette di regolarizzare i capitali esteri: il vicepremier Luigi Di Maio esprime disappunto e assicura: «in Parlamento modificheremo il testo». Si tratterebbe quindi di una dimenticanza e non della volontà politica (che nessuno si attribuisce all’interno della maggioranza) di far rientrare per l’ennesima volta lo scudo fiscale sui capitali all’estero nel decreto collegato alla legge di bilancio 2019.
Lo scivolone è contenuto nell’articolo 1, comma 1, del dl 119/2018, dedicato alla definizione agevolata dei processi verbali di contestazione. Che viene prevista, presentando apposita dichiarazione integrativa, per:
regolarizzare le violazioni constatate nel verbale in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, contributi previdenziali e ritenute, imposte sostitutive, imposta regionale sulle attività produttive, imposta sul valore degli immobili all’estero, imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero e imposta sul valore aggiunto.
Dunque, come si vede, resta il riferimento alla sanatoria sui capitali esteri, che invece è esplicitamente esclusa dall‘articolo 9, dedicato alla “dichiarazione integrativa speciale“, ovvero alla possibilità di integrare o correggere le dichiarazioni presentate entro il 31 ottobre 2017.
Questa dichiarazione integrativa (che consente di far emergere fino a 100mila euro per periodo d’imposta, nel limite del 30% del dichiarato, pagando un’aliquota del 20%), riguarda
imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive delle imposte sui redditi, delle ritenute e dei contributi previdenziali, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’imposta sul valore aggiunto». In questo caso, specifica il comma 8, «la procedura non può, altresì, essere esperita dai contribuenti per l’emersione di attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato.
Dunque, il condono rimane nel testo solo in relazione ai processi verbali di contestazione, che sono sanabili pagando per intero la somma dovuta, senza interessi e sanzioni.
Si tratta, lo sottolineiamo, di una misura diversa dallo scudo fiscale vero e proprio, perché le somme in questione sono già sottoposte a contestazione da parte del Fisco. Non è il contribuente, dunque, che fa emergere capitali non dichiarati, ma è un allargamento anche alle attività estere della possibilità di sanare processi di contestazione senza pagare interessi e sanzioni (con un meccanismo simile a quello previsto per la rottamazione ter).
In ogni caso, pur con queste differenziazioni, la misura viene apertamente criticata dagli esponenti del Movimento 5 Stelle, e quindi non sembra riflettere una effettiva volontà del Governo. Il M5S chiede che il testo venga rivisto nel corso della conversione in legge (l’iter è giù iniziato al Senato), e non sembrano esserci particolari obiezioni da parte della Lega Nord: il sottosegretario all’Economia Massimo Garavaglia manifesta disponibilità a discutere.