La pace fiscale premia i grandi evasori più dei contribuenti che hanno presentato la dichiarazioni e poi non hanno pagato per intero le tasse, ribaltando di fatto un concetto che gli esponenti della maggioranza avevano sempre dichiarato, ovvero quello di fare un provvedimento che aiutasse i contribuenti morosi a uscire dalla crisi, senza però agevolare i grandi evasori. Il punto è il seguente:
- chi ha debiti con il Fisco che derivano dal mancato versamento di tasse, può ricorrere alla rottamazione ter, che consente la regolarizzazione pagando per intero la somma dovuta ma senza sanzioni e interessi, e con una rateazione particolarmente favorevole (10 rate in cinque anni).
- Chi invece non si è limitato a non pagare, ma ha proprio occultato somme imponibili, non dichiarandole, può mettersi in regola con un condono (la nuova dichiarazione integrativa), ossia uno sconto a dir poco consistente (aliquota al 20%, quasi una flat tax retroattiva).
E’ una delle incongruenze più evidenti contenute in un decreto fiscale che, lo sottolineiamo, è con ogni probabilità destinato a cambiare.
Come è noto, è scoppiata una (incredibile) polemica sull’attendibilità del testo approvato dal Consiglio dei Ministri di lunedì 15 ottobre (il Movimento 5 Stelle e la Lega ritengono di aver approvato normative diverse), e in vista (probabilmente sabato 20 ottobre) c’è un nuovo CdM che riapproverà il tutto (una situazione a dir poco inedita, dal punto di vista istituzionale).
Quindi, ci saranno modifiche rispetto a quanto emerso fino ad ora. Ma riguarderanno, par di capire, i termini dello scudo fiscale per i capitali all’estero, e lo sconto su alcuni reati penali per chi aderisce al condono.
Da quanto emerge, resteranno inalterati i i termini generali della cosiddetta dichiarazione integrativa, così come quelli della rottamazione ter. Che sono i seguenti.
La rottamazione ter riguarda sia coloro che hanno aderito al provvedimento di definizione agevolata 2017, che potranno avere una rateazione più favorevole rispetto a quella attualmente prevista (10 rate in cinque anni), sia tutti gli altri contribuenti, in relazione alle cartelle affidate all’agente della riscossione fra il 2000 e il 2017. Le regole sono simili a quelle previste dalle definizioni agevolate degli anni scorsi: si pagano per intero le tasse dovute, ma senza sanzioni e interessi di mora. C’è anche una rateazione maggiormente favorevole rispetto al passato: due rate all’anno per cinque anni, per un totale di dieci versamenti. Per coloro che avevano già aderito alla rottamazione 2017, non è chiaro se sia necessario avere pagato tutte le rate 2018 per poter avere la nuova dilazione, o se invece sia sufficiente averne pagata almeno una (come scritto nei comunicati della presidenza del consiglio dei ministri).
La nuova dichiarazione integrativa, invece, consente di far emergere capitali non dichiarati. Il meccanismo è il seguente: si possono dichiarare somme che siano al massimo pari al 30% dell’imponibile dichiarato, fino a un tetto di 100mila euro. E si sana il tutto applicando un’aliquota del 20%. Il tetto di 100mila euro si riferisce a ogni singola imposta e a ogni periodo fiscale. La sanatoria si applica a imposte sul reddito (persone fisiche e imprese), addizionali, contributi, IVA. I periodi sanabili, par di capire, sono gli ultimi cinque anni fiscali.
In teoria, se (del tutto ipoteticamente) un contribuente ha occultato 100mila euro di reddito e altrettanti di IVA per cinque anni, può fare emergere 1 miliardo di euro, pagando una tassa del 20% se lo scostamento rientra nel 30% della differenza.
La sanatoria (punto contestato dal M5S) si applica anche a immobili e attività estere (quindi è una sorta di voluntary disclosure). E prevede la non punibilità per una serie di reati penali connessi all’evasione (occultamento scritture contabili, dichiarazione infedele, riciclaggio e autoriciclaggio). Anche quest’ultimo aspetto (scudo penale dei reati penali più gravi) è al centro dello scontro interno alla maggioranza che porta al nuovo Consiglio dei Ministri.
L’impianto generale sopra descritto, invece, sembra destinato a restare così com’è. Ed è più favorevole per gli evasori che non per i debitori che hanno dichiarato tutto.