Con l’approvazione della manovra economica entra nel vivo la sessione di Bilancio: non più anticipazioni e indiscrezioni ma dibattito sulle misure approvate dall’esecutivo, che passano all’esame del Parlamento. L’iter della Legge di Bilancio è lungo e complesso, e si incrocia con le valutazioni della commissione Europea. Vediamo esattamente come si configura il calendario.
Il Governo ha approvato il ddl di Bilancio il 15 ottobre e inviato alla commissione UE il documento programmatico che presenta le linee fondamentali della manovra e la inquadra nei “numeri” del bilancio.
Per il momento, quello inviato a Bruxelles è l’unico testo ufficiale disponibile; quello della Legge di Bilancio vera e propria è atteso in Parlamento entro il prossimo 20 ottobre. A quel punto, si conosceranno i dettagli delle diverse norme, fin qui delineate dagli esponenti dell’esecutivo e desunte dal testo inviato all’Europa.
La manovra è un disegno di legge, quindi segue il normale iter di approvazione da parte di Camera e Senato. Ha un paletto preciso: l’approvazione entro fine anno, per l’entrata in vigore il primo gennaio 2019. In genere, i lavori parlamentari terminano prima della pausa per le festività di fine anno.
Per quanto riguarda la parte relativa all’Europa, la Commissione emetterà il suo verdetto, ovvero comunicherà le sue valutazioni, entro la fine di ottobre. La Commissione può approvare la manovra, chiedere dei correttivi o bocciarla. In quest’ultimo caso, può decidere di attivare una procedura d’infrazione, che comporta l’applicazione di sanzioni (fra lo 0,2 e lo 0,5% del PIL).
In realtà, quello di fine ottobre è solo un primo giudizio sulla manovra da parte della UE: quello definitivo arriverà a primavera. Se però la valutazione d’autunno fosse totalmente negativa, e l’Italia non riuscisse a correggere adeguatamente la manovra, si aprirebbe di fatto la strada verso la procedura d’infrazione. Che è in primo luogo costosa, perché appunto prevede l’applicazione di multe, e soprattutto toglie margini di manovra al paese sul fronte della flessibilità di Bilancio.
Le regole comunitarie sul Bilancio sono complicate. In estrema sintesi, il deficit deve restare al di sotto del 3% del PIL (requisito che viene rispettato dal livello previsto dal DEF, pari al 2,4% nel 2019), ma deve anche costantemente ridursi, in base alle regole del Fiscal Compact. E questo invece non sta succedendo, perché l’Italia ha alzato il disavanzo, allontanando dunque il pareggio di Bilancio. In realtà, le regole prevedono margini di flessibilità, che però vanno appunto concordate con l’Europa. In termini semplici, un paese deve dimostrare che lo scostamento è temporaneo e che serve a finanziare la crescita, non intaccando il trend virtuoso verso la riduzione del debito e l’azzeramento del deficit. I termini del dibattito fra Roma e Bruxelles ruotano intorno a questi concetti (deficit e crescita).
Se accettassimo tutto quello che il governo italiano propone, avremmo delle contro reazioni virulente in altri paesi dell’Eurozona.
Così si è espresso il presidente della commissione, Jean Claude Juncker, il quale però ha anche ammesso che al momento l’Europa non ha messo in questione il bilancio dell’Italia, lanciando solo degli avvertimenti «forse prematuri». Il premier italiano Giuseppe Conte è stato a sua volta netto:
andiamo a Bruxelles con una manovra economica di cui siamo orgogliosi e su cui vogliamo dialogare senza pregiudizi. L’austerity non è più percorribile.
Si tratta solo di prime reazioni a caldo. Mercoledi 17 e giovedì 18 ottobre il Premier è a Bruxelles per il Consiglio Europeo e l’Eurosummit, appuntamenti che non riguardano direttamente la sessione di bilancio ma che saranno probabilmente occasione per chiarimenti e delucidazioni.