Le imprese che distaccano lavoratori in un paese UE dovranno pagare le stesse retribuzioni e rispettare le medesime regole contrattuali del paese ospitante: il distacco può durare al massimo 12 mesi prorogabile di altri 6 mesi, periodo dopo il quale si applica definitivamente il contratto di settore previsto dal paese in cui il dipendente effettivamente lavora. Sono le regole fondamentali previste dalla legge – approvata dal Parlamento di Strasburgo – sul distacco dei lavoratori pensata per evitare politiche di dumping sociale da parte delle imprese.
In linea generale, il principio è che i lavoratori che lavorano nella stessa impresa e nello stesso paese hanno diritto allo stesso trattamento economico. In pratica, si impedisce alle imprese di utilizzare il distacco dei lavoratore per pagare stipendi più bassi.
La direttiva deve ora essere recepita dagli Stati membri, che hanno due anni di tempo per farlo. Sono previste misure di cooperazione fra Stati membri per impedire casi di “distacco fraudolento”, per esempio operati da società di comodo.
La discussione in ambito europeo sul distacco dei lavoratori è durata anni; la legge ha il preciso obiettivo di rendere omogeneo il mercato del lavoro, evitando fenomeni per cui un’impresa che risiede in uno Stato con salari più bassi possa applicarle anche ai dipendenti che distacca in paesi UE dove invece i contratti di lavoro sono più onerosi.
Il ricorso alla pratica del distacco lavoratori è aumentato del 69% tra il 2010 e il 2016, anno in cui i dipendenti distaccati hanno raggiunto quota 2,3 milioni. Qualche cifra sull’Italia: sono 114mila 515 i lavoratori distaccati, di cui il 18,7% in Francia, il 10,2% in Germania e il 36,6% al di fuori dell’UE, in Svizzera. Sono invece 61mila 321 i lavoratori distaccati ricevuti, più della metà provenienti da Germania (18,8%), Francia (18,3%) e Spagna (14%).
Soddisfazione da parte delle relatrici del provvedimento. Elisabeth Morin-Chartier definisce la direttiva:
«una pietra angolare dell’attuale legislatura», «riflette la realtà sociale, economica e politica dell’Unione europea», traccia «una rotta chiara verso un’Europa più sociale, con una concorrenza più equa tra imprese e con un miglioramento dei diritti dei lavoratori. Approvando l’accordo, il Parlamento garantisce migliori diritti ai lavoratori e la necessaria protezione nei confronti delle imprese».
Agnes Jongerius aggiunge che «si tratta di un passo importante verso la creazione di un’Europa sociale, che protegga i lavoratori e impedisca alle imprese di intraprendere una corsa al ribasso, ma anche di un’Europa che non conosce confini e che cerca una forza lavoro normale».