L’accertamento fiscale è possibile, ma non sempre: nei casi in cui il Fisco dispone accertamenti illegittimi, la legge prevede alcune tutele per il contribuente che riceve un avviso di accertamento fiscale ma lo ritene infondato o illegittimo.
Il contribuente può infatti opporsi all’accertamento effettuando un ricorso alla Commissione tributaria provinciale. Questo tipo di azione, va da sé, richiede che il contribuente sostenga un costo non indifferente, che comprende in primo luogo spese e onorario per un difensore tecnico e, in seconda battuta, il calcolo degli interessi dovuto al dilatarsi dei tempi.
Proprio in seguito alla prevedibile lunghezza del processo, che nei (non rari) casi di insoddisfazione delle due controparti può proseguire fino alla Cassazione, le spese da sostenere sono notevoli e questo può portare, in taluni casi, a compiere delle scelte durante il processo di accertamento.
Una di queste riguarda la possibilità – anche questa non rara – che durante il periodo sia in atto un condono fiscale, per cui lo Stato esprime alcune condizioni da rispettare per risolvere le liti fiscali pendenti.
In tal caso, il contribuente può scegliere se accettare il condono o seguire la procedura ordinaria di ricorso. Nel primo caso, dovrà versare l’importo richiesto dallo Stato, nel secondo gli oneri di cui sopra. In alcuni casi il costo del condono è inferiore alle spese e agli onorari previsti dalla procedura ordinaria e quindi può valere la pena accettarlo.
In generale, in ogni caso è bene ricordare che secondo quanto prevede la legge gli accertamenti possono essere motivati anche sulla base di presunzioni semplici, purché “gravi, precise e concordanti”. Nel caso di accertamenti inconsistenti, come quelli effettuati sulla base di presunzioni pure e semplici, il contribuente potrebbe chiedere addirittura allo Stato il risarcimento per gli oneri e i danni derivanti.