La protesta di Wikipedia non è bastata a fermare l’articolo 29 del DDL intercettazioni: nonostante la revisione del testo, la norma andrà a limitare pesantemente la libertà di espressione degli organi di stampa online, risultando eccezionalmente repressiva.
La cosiddetta “norma ammazza blog” è stata rivista a maggioranza in commissione Giustizia alla Camera: ad essere imbrigliate saranno le testate registrate ma non i blogger e i siti che tecnicamente non sono “giornalistici”.
Dunque, le testate giornalistiche dovranno rettificare i propri articoli entro 48 ore dalla richiesta inviata via email da tutti coloro che si riterranno penalizzati da una qualunque notizia. La norma, incredibilmente, non prevedere contraddittorio: i siti web sarebbero obbligati alla modifica senza possibilità di replica. Pena, sanzioni fino a 12mila euro.
Il rischio censura è alto: chiunque potrà bloccare le notizie pubblicate con una banale scusa e i network giornalistici non potranno in nessun modo tentare una mediazione.
Se non altro, dalla rettifica del testo escono salvi i blog e i siti web amatoriali, non più equiparati ai siti di informazione veri e propri con tutte i problemi del caso. Se infatti una testata giornalistica online dispone di una vera redazione in grado di reagire tempestivamente in caso di richiesta di modifica, così non si può dire per chi possiede un sito personale che magari aggiorna una volta ogni tanto.
L’on. Roberto Cassinelli (PDL) si era impegnato a proporre di nuovo la modifica dell’articolo 29 nel testo del DDL. L’emendamento appena approvato è frutto delle proposte Zaccaria (PD) e Cassinelli.
Peccato che la censura è rimasta, e proprio per i siti più visitati, quelli che formano le opinioni pubbliche, quelli che dicono la verità : i giornali. Se il testo diverrà legge così com’è ora, se la verità risultasse scomoda, potrà essere “rettificata”…
La forma di autocensura di Wikipedia ha dunque scosso la Rete e indignato mezza Italia. Ma non è servita del tutto.