Confusi, disorientati e perplessi. Sono i molti professionisti italiani alle prese con l’Imposta sul Reddito delle Attività Produttive, l’IRAP, insomma. E questo perché è stato aggiunto un nuovo tassello alla normativa tanto criticata da imprese e professionisti: ci riferiamo a due nuove sentenze della Corte di Cassazione secondo le quali ai piccoli professionisti spetta il rimborso dell’IRAP quando, oltre a mancare un’autonoma organizzazione, hanno lo studio in affitto.
Due sentenze della Suprema Corte – la numero 10271 e la numero 10295 – aiutano i professionisti a ottenere il rimborso anche nel caso di mancata proprietà dello studio. Questo perché, come espresso in sentenza, l'esercizio delle attività di lavoro autonomo è escluso dall'applicazione dell'imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata.
C'è da precisare che il requisito della autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente è responsabile dell'organizzazione e non è inserito in strutture organizzative riferibili a responsabilità e interessi altrui, impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione o si avvale in modo non occasionale di lavoro altrui. Lavorare in affitto con mezzi contenuti, pertanto, presuppone la possibilità di richiedere il rimborso.
Le due sentenze sono particolarmente fastidiose per il Fisco poiché vanno ad alimentare quel milione di contribuenti che dal 2005 a oggi ha chiesto la restituzione dell'imposta indebitamente versata, per un totale di circa 2 miliardi di euro.
Questo perché nel corso degli anni la complessa costruzione dell'Irap è vacillata anche grazie a sentenze della Cassazione che ne hanno ridotto l'ambito di applicazione. Simboliche quelle dello scorso 13 ottobre tramite le quali la Cassazione stabiliva che i piccoli imprenditori, nella fattispecie tassisti, coltivatori diretti e artigiani, non erano tenuti al pagamento dell'imposta.