Falsa fatturazione e IVA: anche senza vantaggio fiscale è reato!

di Roberto Grementieri

Pubblicato 15 Luglio 2010
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:45

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Un contribuente impugna in Cassazione la sentenza del Tribunale di Cagliari che lo aveva riconosciuto colpevole del reato di cui dall’articolo 8, commi 1 e 3, del d. lgs. n. 74/2000, per avere emesso nei confronti di una società  una fattura per operazioni inesistenti.

Il ricorrente ritiene viziata la sentenza di appello per erronea interpretazione del citato articolo 8, in quanto, nell’impossibilità  giuridica di ottenere il rimborso dell’IVA non si era verificata nessuna evasione d’imposta e quindi nessun danno erariale.

I giudici di legittimità , con la sentenza n. 26138 dell’8 luglio u.s., hanno rigettano le doglianze del ricorrente, nella considerazione che nessuna rilevanza può essere data all’argomentazione del ricorrente – secondo cui non sussiste il contestato reato tributario dal momento che non ha cagionato alcuna evasione d’imposta e quindi alcun danno erariale – sussistendo, invece, nel caso de quo, tutti gli elementi costitutivi della fattispecie criminosa in contestazione.

Quanto all’elemento oggettivo, la Cassazione precisa che gli accertamenti svolti dalle Autorità  finanziarie hanno “…inequivocabilmente provato…” che il ricorrente, nella qualità  di rappresentante legale e amministratore di due società , aveva emesso, tra le stesse compagini sociali, una fattura per operazioni inesistenti, essendo stato dimostrato che i lavori di costruzione del complesso immobiliare – per la cui realizzazione la fattura era stata emessa – non erano mai iniziati.

Al riguardo ricordano che l’emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte di una società  a favore di un’altra, facenti capo allo stesso amministratore, è sufficiente, di per sé, a conseguire la finalità  di consentire a terzi l’evasione di imposta e, di conseguenza, a integrare la fattispecie delittuosa di cui all’articolo 8 del d.lgs. 74/2000 (Cassazione, sentenza n. 38199/2002).

Quanto poi all’elemento soggettivo, la Corte suprema statuisce che “…l’evasione di imposta non è elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice del delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti…” ma rappresenta solo “…un elemento del dolo specifico normativamente richiesto per la punibilità  dell’agente…“.

In altri termini, l’evasione d’imposta non è elemento essenziale della fattispecie, ma “…per integrare il reato è necessario che l’emittente di fatture (per operazioni inesistenti, n.d.r.) si proponga il fine di consentire a terzi la evasione delle imposte sul reddito o sul valore aggiunto, ma non anche che il terzo consegua effettivamente la evasione (Cass. n. 39359/2008; Cass. n. 13826/2001)“.

Infine, la circostanza che non sia stato ottenuto alcun rimborso IVA “…non esclude la finalità  della condotta diretta a consentire alla società  collegata la evasione di imposte, perché è sufficiente che il reo agisca con la intenzione di consentire ad un terzo di evadere le imposte sul reddito o sul valore aggiunto ed è del tutto irrilevante che quest’ultimo effettivamente consegua o tenti di conseguire l’indebito rimborso“.