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Cos’è l’accertamento sintetico?

di Roberto Grementieri

Pubblicato 3 Febbraio 2010
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:45

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L’articolo 83, commi 8 e 9, del d.l. 112/2008, dispone “un piano straordinario di controlli finalizzati alla determinazione sintetica del reddito delle persone fisiche” relativamente agli anni 2009, 2010 e 2011“.

L’articolo 38, comma 4, del d.p.r. 600/1973 consente all’Amministrazione finanziaria di determinare sinteticamente il reddito delle persone fisiche, a condizione che quello complessivo netto accertabile si discosti per almeno due anni e per almeno un quarto da quello dichiarato.

Il maggior reddito è calcolato in base agli incrementi patrimoniali sostenuti dal contribuente e alla disponibilità  dei beni e servizi rivelatori di capacità  contributiva.

In relazione alle condizioni per poter procedere all’accertamento sintetico si ritiene che sia richiesto lo scostamento del 25% tra il reddito dichiarato e quello accertato sinteticamente. Non è invece necessario che ci sia l’accertamento per i due anni per i quali si verifica lo scostamento.

Tale ultima considerazione è ben esposta nella sentenza della Corte di cassazione n. 26541/2008.
Per la Suprema corte, infatti, “la norma non impone all’ufficio di procedere all’accertamento contestualmente per i due o più periodi di imposta per i quali esso ritiene che la dichiarazione non sia congrua, né richiede che la valutazione di non congruità  sia necessariamente preceduta dall’invio del questionario di cui all’articolo. 32 n. 4, ma postula che l’atto di accertamento sintetico per un determinato anno di imposta contenga la pur sommaria indicazione delle ragioni in base alle quali la dichiarazione si ritiene incongrua anche per altri periodi di imposta, così da legittimare l’accertamento sintetico“.

Dal principio esposto ne consegue che l’accertamento è legittimo anche se le altre annualità  per le quali si è verificato lo scostamento non sono più accertabili per intervenuta decadenza o per l’esistenza di altre cause impeditive alla notifica dell’avviso di accertamento.
 
Quanto alla ripartizione dell’onere probatorio, a seguito di accertamento basato sul redditometro, merita menzione l’orientamento secondo cui, tale determinazione del reddito dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto ai fatti indici di maggiore capacità  contributiva, individuati dal redditometro stesso e posti a base della pretesa tributaria. E’ posto a carico del contribuente l’onere di dimostrare che il reddito presunto sulla base del redditometro non esiste o esiste in misura inferiore.

Recentemente, i giudici della Cassazione, con la sentenza n. 6813/2009, hanno fornito un significativo contributo alla verifica circa l’idoneità  delle prove documentali offerte dal contribuente.
In tale occasione, infatti, la Suprema corte ha espresso il principio secondo cui non è sufficiente la prova della sola disponibilità  di redditi, ma è indispensabile la prova che la “spesa per incrementi patrimoniali” sia stata sostenuta con “redditi esenti o… soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta“.