Manovra del governo, verso l’abolizione delle province

di Barbara Weisz

6 Dicembre 2011 09:00

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Il decreto presentato dal governo prevede una drastica riduzione del ruolo e dell'organico delle province: via le giunte, scendono i consilieri comunali. Altri tagli alla politica: accorpamento enti previdenziali, tagli alle authority.

Come ha spiegato lo stesso presidente del Consiglio, Mario Monti, per abolire le province ci vuole una legge costituzionale. E allora, ha spiegato il premier, «abbiamo pensato di riorganizzarle». E in effetti, la manovra che il governo ha appena presentato, e che ora inizia l’iter parlamentare, prevede quella che in un’azienda privata si chiamerebbe, minimo minimo, profonda ristrutturazione. In pratica, un primo passo verso l’abolizione delle province. Il decreto prevede di abolire le giunte, portare a un massimo di dieci il numero dei consiglieri provinciali (che oggi arrivano a 45), stabilisce che le province tornano ad avere semplici «funzione di organi di indirizzo e coordinamento». Vengono tagliate le spese per tutti i compiti che possono essere svolti da altri enti, ovvero Comuni e Regioni.

Le cariche di giunta decadranno entro il 30 novembre del 2012, quindi nel giro di un anno. I dipendenti delle province passano alla Regione o al Comune. Di fatto, l’unica carica esecutiva che resta è quella del presidente della Provincia.

Dal provvedimento il governo si attende un risparmio immediato intorno ai 500 milioni di euro.

Di fatto, tutto questo rapresenta un notevolissimo svuotamento delle funzioni delle province, per l’abolizione del quali era e resta prevista un’apposita legge costituzionale.

Come è facile immaginare, immediata e particolarmente vivace la protesta delle stesse province, attraverso l’Upi, l’unione delle province, che chiede al governo l’apertura immediata di un confronto. La manovra del governo non «interviene sui costi della politica» denuncia il presidente dell’Upi, Giuseppe Castiglione, secondo cui «i veri temi del dimagrimento dello Stato, dell’amministrazione periferica dello Stato, degli enti intermedi non sono stati affrontati. L’Upi attende di sapere con precisione «quale tipo di risparmio economico il Governo Monti prevede di avere dal taglio dei Consigli provinciali».

Come detto, chiede di aprire un confronto, anche per presentare «proposte concrete» contenute in uno studio sui bilanci delle province realizzato, manco a dirlo, dall’Università Bocconi.

Non sono le province gli unici enti pubblici su cui il governo ha deciso di intervenire con una sforbiciata. Sparisce il gettone di presenza nei consigli di zona, e in generale diventano gratuite tutte le «cariche elettive negli organi territoriali non previste nella Costituzione», che quindi si «considerano a titolo onorifico».

Riorganizzazione degli enti previdenziali, con cui nasce un super Inps nel quale confluiscono l’Inpdap (dipendenti pubblici) e l’Enpals (lavoratori dello spettacolo). Dalla misura si attende un risparmio di 20 milioni nel 2012, che salgono a 50 milioni nel 2013 e 110 milioni nel 2014.

Vengono infine ridimensionate tutte le otto autorità di garanzia: oggi ha un totale di 50 commissari (compresi i presidenti), mentre il numero scenderà a 28.

L’Agcom (garante delle comunicazioni) passa da otto commissari a quattro, l’autorità che vigila sui contratti pubblici da sette a cinque, l’Autorità per Energia Elettrica e Gas scende da cinque a tre commissari, così come l’Antitrust e la Consob (che vigila sul mercato borsistico). L’Isvap (assicurazioni) passa da sei a tre, la vigilanza sui fondi pensione da cinque a tre, così come i componenti della commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche. Infine, passano da nove a cinque i membri della commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali.