Nella generalità dei casi, non esistendo alcun obbligo di accoglimento della domanda di trasformazione a tempo parziale, la domanda deve essere accoltà entro 60 giorni. Questa va viceversa respinta: nel caso in cui l’attività di lavoro autonomo o subordinato comporti un conflitto di interessi con la specifica attività di servizio svolta dal dipendente; nel caso in cui la trasformazione comporti, in relazione alle mansioni e alla posizione organizzativa ricoperta dal dipendente, pregiudizio alla funzionalità dell’amministrazione stessa; qualora l’attività lavorativa di lavoro subordinato debba intercorrere con un’amministrazione pubblica.
Il dipendente che non si trovi in una delle suddette condizioni è quindi titolare di un interesse tutelato alla trasformazione, ferma la necessaria valutazione circa la congruità dell’orario e della collocazione temporale della prestazione.
La valutazione, anche alla luce di quanto previsto dalla contrattazione collettiva e dei contingenti ivi stabiliti, deve essere svolta in concreto. Alle regole appena sopra illustrate per la generalità dei casi, fa eccezione una serie di ipotesi che discendono direttamente dalla normativa sul lavoro a tempo parziale.
Merita comunque osservare che la norma interessa i lavoratori affetti da patologie oncologiche per i quali, anche a causa delle terapie, residui una ridotta capacità lavorativa; per questi soggetti la trasformazione del rapporto a tempo parziale costituisce un vero e proprio diritto; a tal fine è necessario che la condizione sia accertata da una commissione medica istituita presso l’Asl territorialmente competente..
Sul punto, il Ministero del lavoro ha precisato che la finalità primaria della norma è la tutela del lavoratore malato, il quale ha un diritto soggettivo alla trasformazione del contratto che non è negabile per mere esigenze di servizio.
In un’altra serie di situazioni, il lavoratore non vanta un diritto assoluto alla trasformazione ma solamente un diritto di precedenza.
Ricordiamo alcune ipotesi: le patologie oncologiche riguardanti il coniuge,i figli o i genitori del lavoratore o lavoratrice; il lavoratore o lavoratrice che assistano una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, alla quale è stata riconosciuta una percentuale di invalidità pari al 100%, con necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita; il lavoratore o lavoratrice con figlio convivente di età non superiore a 13 anni; il lavoratore o lavoratrice con figlio convivente (di qualunque età) portatore di handicap.