La figura del dirigente nelle PA, manager o leader?

di Stefano Gorla

8 Giugno 2011 09:30

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La Riforma della PA operata con la Legge Brunetta attribuisce piena autonomia e responsabilità ai dirigenti pubblici, ma questo deve far riferimento alla figura del manager o a quella del leader?

La risposta non può essere ambigua in quanto le due forme dirigenziali presentano delle antinomie: mentre il manager delega il leader è di esempio, mentre il manager controlla il leader è un punto di riferimento, mentre il manager evita i rischi il leader se ne assume la responsabilità.

In sostanza il manager tende a guardare verso l’interno dell’organizzazione e dentro alle persone, per individuare ogni risorsa che consenta di migliorare la performance individuale e organizzativa.

Il leader invece tende a guardare fuori e lontano, a studiare lo scenario e ad anticipare i cambiamenti, a testare diverse strategie e a motivare il personale in funzione di una prospettiva.

La soluzione che sembra individuare la normativa è quella di fusione tra  i due aspetti di manager e di leader, con la figura nuova e sintetica del Dirigente universale che ha quattro diversi lati:

  1. Stratega, verso l’esterno e verso processi e strutture. Il Dirigente deve essere innovatore, costruttore, esploratore, competitore;
  2. Politico, verso l’esterno e verso persone e relazioni. ll Dirigente deve essere negoziatore, tessitore di relazioni, costruttore di partnership;
  3. Normativo, verso l’interno e verso processi e strutture. Il Dirigente deve essere organizzatore, coordinatore, gestore, controllore;
  4. Leader, verso l’interno e verso persone e relazioni. Il Dirigente deve essere trascinatore, facilitatore, mentore, motivatore.              

Mi sembra appropriato fare riferimento al lavoro di Philip Selznick (considerato il padre dell’istituzionalismo) che reputa le burocrazie come un insieme di centri di potere che operano per condizionare fini e strategie organizzative ai propri voleri e convenienze, mentre quando le organizzazioni incorporano valori, ossia quando da semplici strumenti (neutri, tecnici, anonimi) acquistano una identità distintiva, diventano istituzioni.