La quarta proroga dei termini del cosiddetto “Decreto Pisanu” potrebbe essere scongiurata. A far ben sperare sono state le parole del ministro Renato Brunetta in occasione del convegno sull’innovazione appena concluso al Telecom Italia Future Center di Venezia.
È bastato che il ministro si sia detto disponibile alla modifica, confermando la stessa disponibilità da parte del ministro dell’Interno Roberto Maroni, per alimentare un’ondata di ottimismo tra quanti non aspettano altro che la legge sia abrogata e che finisca la tortura burocratica delle connessioni ad Internet pubbliche.
Eppure, Brunetta ha semplicemente detto che «ci sarà una discussione in merito all’argomento nel prossimo Consiglio dei Ministri», specificando che comunque «ci sono problemi di ordine nazionale e di coerenza internazionale».
Il consenso politico attorno all’argomento è innegabile, lo dimostrano le iniziative trasversali portate avanti in questi ultimi anni in favore della modifica o dell’abrogazione del decreto. Inoltre, la liberalizzazione del WiFi potrebbe avere un ruolo chiave per uscire dall’imbarazzo della situazione venutasi a creare con lo stanziamento degli 800 milioni per la banda larga, più volte congelato e ora ridotto ad una frazione minima della cifra iniziale.
Tanto più che, ad avvalorare la tesi di Brunetta, che ritiene la questione della banda larga «un problema più di cultura che di rete» ci si è messo pure l’amministratore delegato di Telecom Italia Franco Bernabè che, a margine del convegno, ha sentenziato: «In Italia si utilizza meno del 50 per cento di banda larga disponibile. Un dato che contrasta con il livello di sviluppo industriale del Paese». Insomma: le infrastrutture ci sono, non servono investimenti.