I sistemi premianti a favore del dipendente pubblico

di Roberto Grementieri

1 Giugno 2010 09:00

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Il terzo titolo del decreto attuativo n. 150 del 27 ottobre 2009 costituisce una delle parti di maggior interesse della riforma Brunetta

Ad ogni modo, le progressioni verticali (o di carriera) subiscono una dura limitazione dal decreto Brunetta. L’articolo dettato nella parte sulla meritocrazia stabilisce infatti che, in via di principio, le progressioni a tempo indeterminato nelle Pubbliche amministrazioni devono essere effettuate ricorrendo al metodo del concorso pubblico. In tale quadro le Amministrazioni possono riservare una quota non superiore al 50% dei posti banditi al personale interno. Il testo dell’articolo 52 del D.lgs n. 165/2001 stabilisce, sempre con riguardo a questo istituto, che «le progressioni fra le aree avvengono tramite concorso pubblico, fermo restando la possibilità per l’amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso».

In altri termini, le progressioni verticali possono essere realizzate riservando al personale interno non più del 50% dei posti messi a concorso; devono svolgersi con la forma del concorso pubblico; il dipendente può partecipare solo se in possesso del titolo di studio per l’accesso dall’esterno. Una novità di grande rilievo è costituita dall’introduzione del premio di efficienza. Si tratta di una disposizione di forte impatto sia per le conseguenze che si determinano sull’organizzazione e sulle risorse finanziarie degli enti sia per l’incentivazione del personale.

Questa è la strada imboccata dal legislatore che ha stabilito che una quota fino al 30% dei risparmi sui costi di funzionamento conseguiti dalle pubbliche amministrazioni sia destinata all’incentivazione del personale. Destinataro di tale beneficio è il personale direttamente e proficuamente coinvolto. L’utilizzazione di questo strumento premiante è condizionato dall’accertamento che i rispiarmi sui costi di funzionamento derivino da processi di ristrutturazione, riorganizzazione e innovazione all’interno delle pubbliche amministrazioni.

Quindi, dobbiamo essere, in primo luogo, in presenza di un risparmio che ha un carattere strutturale e non occasionale. Tali economie inoltre devono incidere sui costi di funzionamento, quindi anche sulla spesa di competenza corrente. La disposizione indica che una quota fino al 30% dei risparmi è destinata all’incentivazione del personale, non che questa quota può essere destinata a tale finalità. In altri termini, l’applicazione di questa norma sembra avere un carattere obbligatorio per le Amministrazioni pubbliche, fermo restando che esse hanno un’ampia autonomia nella fissazione della misura entro il tetto massimo previsto dal legislatore. Per tali ragioni sembra che la destinazione all’incentivazione del personale di una quota dei risparmi sia obbligatoria, che la misura sia definita in modo autonomo dalle singole amministrazioni e che le risorse possano essere erogate concretamente solo se si rispettano i vincoli procedurali fissati dallo stessa legge. In particolare le procedure di accertamento, validazione e controllo. La competenza alla determinazione della misura è dell’ente e ciò non sembra essere oggetto di contrattazione con i soggetti sindacali.