Dice di aver risposto a tutti e, in effetti, il giudice Oscar Magi, è uno con cui si può entrare in contatto diretto, tramite Facebook. Ha ricevuto centinaia di messaggi di offese e minacce, dice sul suo profilo, ma aggiunge di non essersi intimidito perché «ho solo fatto il mio dovere di giudice».
Dopo aver scritto la sentenza che ha condannato tre manager di Google a sei mesi di carcere per non aver controllato il contenuto di un video messo in rete da una minorenne in cui un disabile veniva deriso e reso oggetto di vari atti vessatori, il giudice Oscar Magi dichiara di aver ricevuto critiche soprattutto dall’estero, mentre le minacce sono arrivate dall’Italia e qualche messaggio di approvazione è giunto dalla Spagna.
Il giudice però, anche dal social network stesso, difende la sua scelta e precisa che con la condanna a sei mesi di carcere per i tre manager ha inflitto «il minimo dei minimi» previsto dalla legge sulla privacy e aggiunge: «forse in Italia queste norme sulla privacy puntano troppo sul meccanismo della pena intesa come carcere e poco su pene alternative».
In rete però è già scoppiata la disputa tra i sostenitori della non responsabilità dei gestori di Google Italia che paventano uno stravolgimento dei ruoli nel complesso mondo degli “User Generated Content” e quelli che invece plaudono alla decisione del giudice e solidarizzano con la sua convinzione di «non aver alterato in modo sensibile i parametri valutativi e giurisdizionali che presiedono alla decisione di casi quali quello trattato».
C’è poi chi, fuori dal coro, s’interroga sulle cause sociali che hanno portato il video a raggiungere la “Top 10” dei contenuti più visti del portale e chi sottolinea la colpevole lentezza di Google nel rimuovere il video incriminato poiché, dopo la richiesta della Polizia italiana, ci sono voluti mesi prima dell’eliminazione.