È bufera sul canone Rai: lo ha ammesso anche il sottosegretario Paolo Romani, rispondendo ad una interrogazione dei radicali: «in effetti la normativa non è adeguata e le interpretazioni dubbie».
Anche sul sito istituzionale della Rai, nella sezione “cos’è e chi deve pagare”, il canone di abbonamento tv viene ritenuto esigibile nei confronti di “chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione dei programmi televisivi”.
Che si tratti di un’imposta sul possesso indipendentemente dall’uso dell’apparecchio o dalla scelta delle emittenti televisive, è l’unica cosa chiara, ma la domanda che tutti si pongono da tempo è quella relativa all’identificazione del suddetto apparecchio.
Un computer che si collega al sito Rai.tv e sia in grado di far vedere le dirette da Internet, rientra nella casistica di “adattabile”? E uno smartphone con connessione wireless collegato al canale YouTube della Rai? O forse è la connessione ad Internet o la chiavetta usb dei vari operatori di telefonia mobile a costituire parte dell’apparecchio e a generare l’esigibilità?
Il sottosegretario ha ufficialmente ammesso in Parlamento che il caos normativo si ripercuote sulla certezza del diritto. «Una situazione che – dice ora – va risolta e che è riconducibile al problema del definire chi deve pagare il canone e perché».
«La questione – continua Romani – presenta dunque alcuni profili di incertezza (considerato che si tratta di disposizioni normative non adeguate alla evoluzione tecnologica) e concrete difficoltà applicative». Si pensi, tra l’altro, al parco computer delle Pubbliche Amministrazioni e degli uffici di società private.
Il sottosegretario Romani ha quindi promesso un «approfondimento tecnico-giuridico» che sarà messo in atto anche con il ministero dell’Economia e delle Finanze, l’Agenzia delle Entrate e la Rai: un confronto che dovrà portare ad una «identificazione univoca» degli apparecchi soggetti al canone.