Il 31 dicembre 2009 sono scaduti i termini del cosiddetto Decreto Pisanu che assoggetta la concessione dell?accesso a Internet nei pubblici esercizi a una serie di obblighi, sia da parte dei fornitori del servizio, sia da parte degli utenti.
Per i primi è prescritta una particolare licenza della Questura mentre agli utilizzatori (sia tramite terminale fornito dal gestore, sia tramite proprio dispositivo portatile), è imposta l?identificazione con documento d?identità.
Con l’anno nuovo tali incombenze, che frenano di fatto la diffusione dei punti di accesso pubblico ad Internet, sono ancora tutt’altro che un vecchio ricordo. I termini del decreto sono stati infatti prorogati fino alla fine del 2010.
Le norme in materia di Internet e sicurezza, introdotte pochi giorni dopo gli attentati terroristici di Londra del luglio 2005, dovevano essere provvisorie, ma nel corso degli anni hanno già subito ben due proroghe (nel 2007 e nel 2008). Inoltre, i segnali giunti dal palazzo nei mesi scorsi lasciavano immaginare che il 2009 sarebbe stato davvero l’ultimo anno di validità del decreto.
Si sono pertanto vanificate le speranze provenienti dal settore del turismo, quelle connesse con le iniziative della Pubblica Amministrazione Locale e nemmeno le “provocazioni” del mercato delle telecomunicazioni hanno sortito gli effetti desiderati.
A nulla sono valsi gli sforzi dei 100 firmatari per il WiFi libero, inutile anche la manifestazione di piazza del 23 dicembre (nata in realtà con altri intenti, ma ultima richiesta di una maggiore attenzione alla libertà della Rete da parte della sua stessa popolazione). L’unica speranza, per i sostenitori di un accesso pubblico ad Internet facile e senza troppa “burocrazia” è che almeno il Parlamento riservi un percorso accelerato alla proposta Cassinelli. In effetti, l’Italia rimane, ad oggi, l’unico Paese occidentale che scheda tutti gli utenti che vogliano connettersi alla Rete, seppur “di passaggio”.