«La scelta del Governo di escludere dalla detassazione degli utili delle imprese che reinvestono in macchinari, quelli destinati agli investimenti in tecnologie digitali, appare un’occasione mancata per rilanciare la competitività del Paese». Lo ha dichiarato Ennio Lucarelli, Presidente di Assinform, l’associazione nazionale delle imprese di Information Technology, a proposito del decreto legge anticrisi, appena varato dal Governo.
L’articolo 5 del ddl prevede uno sconto del 50% sulla tassazione degli utili delle imprese che investiranno per acquistare “macchinari e apparecchiature compresi nella divisione 28 della tabella Ateco”, vale a dire per pompe, forni, macchine di movimento terra e altri utensili per uso industriale, ma non per hardware e software informatici.
«In Italia – ha sottolineato Lucarelli – si continuano a sottovalutare le enormi potenzialità dell’innovazione digitale anche nel contrasto alla crisi. Rispetto agli investimenti tradizionali, quelli nel digitale rendono sette volte di più, vale a dire hanno un effetto moltiplicatore ben più forte e potente. Il decreto anticrisi poteva rappresentare un concreto incentivo per consentire alle nostre Pmi di accedere ai vantaggi offerti dalle nuove applicazioni digitali in termini di crescita delle capacità competitive e conquista di nuovi mercati».
«Ci auguriamo – ha concluso il Presidente di Assinform – che nell’iter di trasformazione del decreto in legge, la misura possa essere completata estendendo gli incentivi anche alle tecnologie digitali». Al Governo Lucarelli aveva già chiesto una decisa svolta sull’innovazione come quella contenuta nel “Progetto Informatica” nell’ambito di Industria 2015, ma anche un impegno concreto sullo sviluppo dell’e-commerce, sulle liberalizzazioni e per il superamento dei monopoli.
Dopo aver rilanciato più volte la proposta di detassare gli utili delle imprese investiti in innovazione digitale, Lucarelli aveva inoltre sottolineato come «la scarsa consapevolezza politica sulle potenzialità dell’It, ha portato il nostro paese a perdere di vista la natura intrinsecamente industriale delle tecnologie informatiche e a dimenticare che esse sono state a pieno titolo emblema del made in Italy».