La legge sulla privacy non più come ulteriore incombenza, ma come opportunità di crescita e di investimento per il futuro. Sono queste le tesi di Valentina Frediani, avvocato e consulente legale in diritto informatico, contrattualistica informatica e privacy.
Le realtà aziendali e quelle degli enti locali ad oggi costituiscono lo scenario più tipico in cui lo stimolo alla protezione del dato aziendale è carente. Il parere dell’Avvocato Frediani va pertanto controcorrente, visto che spesso il rispetto delle leggi sulla privacy viene visto come un’attenzione pedante e una problematica difficile da gestire in ambito lavorativo.
Secondo l’autorità garante, la fornitura di materiale informatico ai dipendenti, dal pc al software, dalla rete locale al collegamento ad Internet, deve essere sempre accompagnata da una serie di
norme che regolino il rapporto tra utenti e informatica.
In particolare, il regolamento specifica già che la posta elettronica è uno strumento aziendale. Sono perciò esclusi utilizzi per fini personali (anche solo per l’iscrizione ai social network o ad altre comunità in rete). Qualora il datore di lavoro abbia dato l’autorizzazione all’uso promiscuo, sarà cura dello stesso integrare il regolamento con le dovute specifiche sulla privacy.
Anche nel caso del resto della strumentazione informatica, una serie di norme ad hoc, risolvono la maggior parte delle problematiche relative alla possibilità o meno di controllo da parte del datore di lavoro. Sempre secondo il garante, infatti l’azienda deve chiarire da principio se è contemplato un uso personale del pc. Stesso dicasi per la navigazione su Internet.
«Secondo la mia esperienza – osserva l’avvocato – quando arriva il regolamento, immediatamente cambiano gli usi all’interno dell’azienda. E una circolare non è sufficiente ci vuole per forza il regolamento». Così come è necessaria la formazione per i dipendenti che non devono assumere comportamenti a rischio pena la perdita del posto di lavoro.