Il ritorno del posto fisso nella PA

di Roberto Grementieri

22 Ottobre 2008 09:00

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Tra i diversi punti toccati dalla Legge Finanziaria 2008 anche quello che punta a ridurrre il lavoro precario nel settore della Pubblica Amministrazione

La Legge Finanziaria 2008 è intervenuta nell’intento di sradicare il fenomeno del lavoro precario nel settore pubblico. La riforma ha adottato misure indirizzate ad evitare l’utilizzo improprio delle forme contrattuali flessibili ed ha novellato l’art. 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. La nuova formulazione dispone che «le Pubbliche Amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato» formulando un principio generale che riafferma il modello tipico del rapporto di lavoro.

Il principio enunciato costituisce una linea guida per l’interpretazione della parte restante dell’articolo poiché circoscrive, con l’avverbio esclusivamente, il ricorso alle forme flessibili ad ipotesi residuali che sono rigidamente disciplinate. Lo stesso sistema assunzionale del settore pubblico previsto per gli anni 2008 e 2009, che contempla tra le procedure di reclutamento anche quella speciale della stabilizzazione, esprime il suo carattere di norma di transizione in attesa di tornare ad un regime ordinario fondato sulla regola del concorso pubblico per l’assunzione a tempo indeterminato.

Tale modello di lavoro rappresenta poi lo strumento più coerente con l’organizzazione delle Pubbliche Amministrazione le quali determinano il proprio fabbisogno sulla base delle attività istituzionali che sono chiamate a svolgere. Detto fabbisogno si esprime attraverso la definizione delle dotazioni organiche. La nuova formulazione dell’art. 36 sancisce che «le Pubbliche Amministrazioni… non possono avvalersi delle forme contrattuali di lavoro flessibile previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa», se non nel rispetto dei vincoli espressamente previsti. Si ritiene che siano escluse dalle nuove limitazioni le forme di flessibilità compatibili con il lavoro a tempo indeterminato, e quindi applicabili il tempo parziale ed il telelavoro.

È esclusa dall’ambito della norma il lavoro autonomo, più discusso il contratto di formazione lavoro. Ferme restando le procedure di reclutamento indicate dall’art. 35 del decreto legislativo 165/2001, la nuova disciplina ha rafforzato la natura temporanea del rapporto a termine intorno alla durata massima di tre mesi. Rimane ferma la clausola generale circa le «ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo» che possono determinare il ricorso al tempo determinato. È il caso poi di richiamare quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 36, secondo cui le amministrazioni possono utilizzare il medesimo lavoratore con una sola tipologia di contratto.

I contratti che rilevano per l’unico utilizzo sono il tempo determinato ed il lavoro autonomo. La disposizione tende ad evitare un fenomeno diffuso e frequente che era quello di utilizzare il medesimo lavoratore con diverse tipologie contrattuali.
Sempre nel rispetto del principio del concorso pubblico, il ricorso al tempo determinato per periodi superiori a tre mesi è previsto per esigenze stagionali, per la durata dell’attività lavorativa connessa all’esigenza medesima. La stagionalità è disciplinata dal D.P.R. 7 ottobre 1963, n. 1525 che riporta un elenco delle attività a carattere stagionale di cui all’art. 1, comma secondo, lettera a), della legge 18 aprile 1962, n. 230.