PA più libera con il copyleft

di Stefano Gorla

11 Marzo 2008 09:00

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Il software open source non è tutto uguale: le licenze che gestiscono i prodotti "liberi" sono molteplici ma permettono tutte di conseguire numerosi vantaggi, come dimostrano esempi in tutto il mondo

Anche in Francia, già dal 2001 con il Rapporto Carcernac, si sostiene l’uso di formati aperti da parte della PA attraverso il MTIC, un organo di coordinamento interministeriale per lo sviluppo dell’ICT nella PA, attento al mondo dell’OSS. In Spagna il Ministerio de Administraciones Publicas (MAP) ha consentito di realizzare la sostituzione di sistemi Unix proprietari con delle piattaforme Linux in numerose reti interne di competenza della PA. Il (MAP) ha promosso la migrazione a Linux di 225 server con Red Hat Enterprise Linux, Red Hat Linux 8.0 e Debian GNU/Linux.

Ma l’interesse per l’OSS è anche manifesto in Brasile dal 2004. Il Presidente Lula ha deciso di risparmiare 34 milioni di dollari in licenze proprietarie ed avviare un programma per combattere l’esclusione digitale, intesa come miseria nell’era dell’informazione. Il governo centrale di Pechino ha da tempo abbracciato una precisa strategia informatica volta alla progressiva migrazione open source delle strutture informatiche pubbliche, basate soprattutto su tecnologie IBM e Microsoft. Negli ultimi anni sono nate distribuzioni Linux completamente sviluppate in Cina, così come grandi istituti bancari ed altre agenzie statali hanno deciso di scegliere soluzioni basate sull’open source.

Anche l’India, il paese leader nella produzione in outsourcing di software, mira verso l’open source. Il governo ha infatti deciso che tutte le scuole pubbliche devono usare il sistema operativo Linux e programmi applicativi non sottoposti a copyright. Con decreto il ministro dell’educazione ha dato incarico allo “State Council Educational Research and Training”, alla Free Software Foundation India e al consorzio It@School Project di redigere i nuovi testi per l’insegnamento dell’informatica nelle scuole di primo e secondo grado.

Ma la questione non è solo tecnico-economica, ma presenta implicanze giuridiche di rilievo. Richard Stallman ? tra i padri fondatori dell’open source ? ha introdotto il termine copyleft in opposizione a quello di copyright: un programma “copyleft” garantisce le 4 libertà che definiscono il software libero: utilizzare, studiare, modificare e redistribuire il programma. Le clausole sulla ridistribuzione richiedono inoltre il rispetto delle condizioni fissate dalla licenza originale.

I diversi tipi di licenze

Esistono infatti diversi tipi di licenze ritenute valide dalla Free Software Foundation per la divulgazione del software libero.

La GNU/GPL (General Public Licence).Gli utenti che accettano le condizioni della licenza hanno la possibilità di modificare il software, di copiarlo e ridistribuirlo con o senza modifiche, sia gratuitamente sia a pagamento. Quest’ultimo punto differenzia la GNU GPL dalle licenze che proibiscono la ridistribuzione commerciale. Se l’utente distribuisce copie del software, deve rendere disponibile il codice sorgente a ogni acquirente, incluse tutte le modifiche eventualmente effettuate (questa caratteristica è detta copyleft).