Dati riservati: la curiosità non è reato

di Stefano Gorla

15 Gennaio 2008 09:00

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Una recente sentenza del Tribunale di Nola rischia di modificare la legge che salvaguarda i dati riservati custoditi dalle PA. Ecco le novità e i possibili pericoli

In un precedente articolo abbiamo affrontato il complesso rapporto tra Accesso e Privacy, con particolare riguardo alle banche dati. Una recentissima sentenza del Tribunale di Nola dell’11.12.2007 ha introdotto una distinzione alquanto discutibile in relazione alla violazione prevista dall’art. 615 ter del Codice Penale.

L’Art. 615 ter definisce infatti la fattispecie dell'”Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico”, stabilendo il reato di “crimine informatico“. Il primo comma punisce chi si introduce abusivamente in un sistema informatico: «chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni».

E il secondo comma alza il prezzo se a commettere il reato è un pubblico ufficiale o è stato fatto uso di violenza o ne è derivato pregiudizio per le informazioni cercate illegittimamente. «La pena è della reclusione da uno a cinque anni:

  • 1) se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato, o con abuso della qualità di operatore del sistema;
  • 2) se il colpevole per commettere il fatto usa violenza sulle cose o alle persone , ovvero se è palesemente armato;
  • 3) se dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento del sistema o l’interruzione totale o parziale del suo funzionamento, ovvero la distruzione o il danneggiamento dei dati, delle informazioni o dei programmi in esso contenuti».

Il terzo comma pone in particolare rilievo alcune categorie di dati strategici. «Qualora i fatti di cui ai commi primo e secondo riguardino sistemi informatici o telematici di interesse militare o relativi all’ordine pubblico o alla sicurezza pubblica o alla sanità o alla protezione civile o comunque di interesse pubblico, la pena è, rispettivamente, della reclusione da uno a cinque anni e da tre a otto anni».