Braccio di ferro tra Europa e Italia sui tempi dei debiti della Pubblica Amministrazione nei confronti delle imprese. Le posizioni sono nette: la Commissione Europea contesta il fatto che l’Italia stia continuando a violare la direttiva europea che fissa un limite di 30 o 60 giorni per il pagamento delle fatture dello Stato e degli enti locali. Per rispondere compiutamente alle accuse dell’Europa, l’Italia aveva chiesto più giorni: una richiesta rispedita al mittente. Di qui la necessità di fornire comunque delle risposte (alcune delle quali molto critiche) in tempi rapidi e, non a caso, inviate a Bruxelles l’ultimo giorno utile.
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Ebbene, nella risposta si intravede un netto cambiamento di approccio nei confronti delle istituzioni. Il governo Renzi ha contestato le indicazioni formulate dalla Commissione, che ha indicato in 170 giorni i tempi medi di pagamento in Italia: un rilievo che “non ha evidenze”, appare scritto nella lettera, aggiungendo altresì che in alcuni settori come quello della Sanità l’Italia sia oramai vicino alle regole europee.
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Ma non solo: l’Italia respinge al mittente le accuse di mancata applicazione degli interessi di mora su chi non effettua i pagamenti nei tempi debiti (il governo ha ricordato a Bruxelles che è la Commissione Europea ad avere l’onere della prova di quanto sostiene), e sulla stima dell’ammontare di debiti ancora in arretrato.
Una stima, quest’ultima, che l’Europa vorrebbe vicina ai 100 miliardi di euro, Banca d’Italia prossima ai 90 miliardi, e che il governo ritiene che sia eccessiva visto e considerata che conterebbe sia le fatture scadute che quelle non scadute, e che è proprio la mole di fatture scadute che impedisce all’Italia di rispettare pienamente i diktat europei…
Insomma, tra Italia ed Europa non si è ancora ai ferri corti, ma poco ci manca.