Un’operazione IVA è fiscalmente rilevante in Italia se è avvenuta nel territorio dello Stato, mentre non rileva il fatto che il cedente abbia residenza fiscale o stabile organizzazione in Italia: lo stabilisce la Corte di Cassazione con sentenza 8196 del 22 aprile 2015 relativa all’imponibilità IVA. Il caso riguardava una società con residenza fiscale fittizia negli Stati Uniti, a cui l’Agenzia delle Entrate, rilevata invece la residenza italiana con relativa applicazione della conseguente normativa fiscale, chiedeva una serie di imposte, fra cui l’IVA su esportazioni verso paesi extra-europei.
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La Cassazione spiega che la Commissione Tributaria Provinciale, che in primo grado aveva dato ragione all’Agenzia delle Entrate, ha fatto erroneamente discendere dall’accertata residenza fiscale in Italia, e dal fatto che verosimilmente le operazioni erano avvenute nel territorio dello Stato, l’imponibilità IVA. Questo però, prosegue la sentenza, è in contrasto con gli articoli 7 ed 8 Dpr 633/72, in base ai quali per considerare un’operazione rilevante ai fini IVA bisogna che questa avvenga in Italia, e che il relativo criterio di collegamento è rappresentato dalla presenza del bene nel territorio italiano.
Per quanto riguarda più in particolare le operazioni con l’estero, il principio dev’essere quello di detassare beni in uscita e servizi connessi, applicando l’IVA italiana in entrata. Quindi, il presupposto fondamentale che bisogna sempre valutare ai fini dell’imponibilità IVA è la presenza dei beni in Italia e il fatto che questi non fossero oggetto di cessione a paesi extra-europei. (Fonte: sentenza Cassazione 8196/2015).