Inasprite con un emendamento del Governo al Ddl Corruzione, depositato in Commissione Giustizia alla Camera, le pene (minima e massima) per chi si rende colpevole di falso in bilancio:
- reclusione da 3 a 8 anni in caso di società quotate in borsa;
- da uno a 5 anni negli altri casi.
Inasprite anche le sanzioni:
- si va da un minimo di 400 ad un massimo di 600 quote (finora 150-330) nel caso si manomettano le comunicazioni sociali di imprese in listino;
- da 200 a 400 quote er quelle non soggette all’andamento borsistico, invece dei 100-150 attuali.
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Viene poi prevista la reclusione da 6 mesi a 3 anni i fatti di lieve entità, valutati tenuto conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta, a meno che i fatti non costituiscano un più reato grave. Per le piccolissime realtà il delitto sarà procedibile soltanto:
«A querela della società, dei soci, dei creditori, o degli altri destinatari della comunicazione sociale».
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In tutti gli altri casi, sia che le imprese siano quotate o meno in borsa, il falso in bilancio sarà sempre perseguibile d’ufficio. Si tratta di un giro di vite che, secondo il Guardasigilli Andrea Orlando, farà sì che si passi:
«da un reato di danno a un reato di pericolo».