Obbligatorio il versamento della TARSU anche per le imprese produttrici di rifiuti, anche se lo smaltimento avviene per via autonoma. Sottoporre a tassazione anche questo tipo di attività non è in contrasto con le norme comunitarie, a patto che l’imposizione sia proporzionata al costo della gestione dei rifiuti.
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Il caso
È quanto stabilito dalla sesta sezione della Corte di Giustizia UE, pronunciandosi sulla causa C-551/2013, nella quale una società proprietaria di un complesso turistico nel Comune di Quartu S. Elena dichiarava di non dover pagare la TARSU avendo smaltito in proprio i rifiuti prodotti, avvalendosi di un’impresa specializzata. Più in particolare, secondo la società, con la richiesta di versamento della TARSU ad un’impresa che smaltisca in proprio i rifiuti prodotti, l’Italia avrebbe violato la direttiva comunitaria 2008/98 ed il principio “chi inquina paga”. Diversamente per il Comune è irrilevante, ai fini TARSU, l’attività svolta dal contribuente e i costi sostenuti per lo smaltimento.
Normativa comunitaria
La Corte UE, interpellata dalla Commissione tributaria di Cagliari, ha chiarito che :
«L’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2008/98, in combinato disposto con gli articoli 4 e 13 della stessa, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che non preveda la possibilità, per un produttore di rifiuti o un detentore di rifiuti, di provvedere personalmente allo smaltimento dei suoi rifiuti, con conseguente esonero dal pagamento di una tassa comunale per lo smaltimento dei rifiuti, purché detta normativa sia conforme ai requisiti del principio di proporzionalità».
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In sostanza gli Stati Membri possono decidere autonomamente il metodo per coprire i costi della gestione dei rifiuti (tassa, canone o altro) e sono liberi di calcolare la tassa stimando il volume dei rifiuti generato piuttosto che considerando il quantitativo effettivamente prodotto e conferito, purché la tassa così determinata non ecceda rispetto all’effettiva necessità di copertura dei costi del servizio. E questo è quanto effettivamente avviene in Italia, che quindi non vìola le norme comunitarie.