Accantonamenti TFR dei lavoratori privati usati per pagare i conti pubblici dello Stato: dal 2007 al 2010 il Governo ha prelevato dal Fondo INPS (i versamenti delle imprese con almeno 50 dipendenti) ben 15,86 miliardi di euro usando le quote di TFR non destinate alla previdenza complementare. Il Fondo Tesoreria TFR gestito dall’INPS è stato infatti usato dal Governo per pagare i conti pubblici e per scopi diversi da quelli previsti dalla legge, senza alcuna reintegrazione.
La denuncia è della Corte dei Conti, con ha presentato una specifica Relazione alle Camere dopo l’allarme già lanciato lo scorso febbraio con la delibera 2/1010/G.
«un’operazione di natura espropriativa senza indennizzo o comunque di prelievo fiscale indiretto nei confronti di categorie interessate a versamenti finalizzati a scopi ben diversi dal sostegno alla finanza pubblica».
Di questo passo, allo scadere dei dieci anni dall’introduzione del nuovo meccanismo del TFR, la quota attualmente di 15,86 miliardi prelevati arriverà a 30 miliardi. Solo il Ministero dell’Interno dal 2010, dopo le contestazioni della magistratura contabile, si è messo in regola non destinando più quote del TFR incassato alla spesa corrente.
IL Fondo Tesoreria, lo ricordiamo, è un fondo statale gestito dall’INPS in cui affluiscono gli accantonamenti dei lavoratori – di aziende con almeno 50 dipendenti – che decidono di mantenere il TFR presso il datore di lavoro invece di destinarlo a forme di previdenza complementare.
Il Ministero dell’Economia ha risposto alle accuse affermando che non c’è «alcun nocumento ai soggetti interessati ai versamenti e ai prelievi» e che il meccanismo produrrà un risanamento delle spese pubbliche finanziando a fondo perduto non solo gli investimenti (capaci di comprtare un ritorno economico) ma anche la spesa corrente, dando vita ad «un trend favorevole almeno decennale».
Punti contestati dai magistrati contabili, per voce di Aldo Carosi e Fabio Viola della Sezione di Controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, che ritengono i dati finanziari esposti parziali, lacunosi e fondati su «statistiche elementari». Nessun ottimismo quindi, anzi, tutto ciò causerà degli squilibri di cui «potrebbero fare le spese i futuri contribuenti e i percettori delle prestazioni pensionistiche». Senza contare poi i possibili «problemi di equità intergenerazionale».
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